12/12/12

Epistolelettorali - L'elettorecinquestelle


Caro Elettore,

hai meno di due mesi davanti a te. Un tempo breve, per decisioni importanti. E a questo giro le scelte peseranno parecchio,  per l’oggi ma soprattutto per il domani. Inutile che ti stia a dire che siamo in crisi, economica, sociale e morale: lo sai già, la vivi, ne fai parte. Perciò ti dirò altre cose, di quelle che presumibilmente non avrai voglia di ascoltare, ma non sono i tempi adatti per gli adulatori.

La prima considerazione la riservo a te, che hai in mente di votare il movimento a cinque stelle. Prima di prendere la decisione definitiva, ti chiedo di metterti davanti ad uno specchio. La mattina presto, quando sei sfatto, assonnato e soprattutto non hai ancora innalzato il tuo muro di auto giustificazioni.

Adesso che sei in posizione, inizia a ripetere a voce alta gli improperi che rivolgi alla classe politica e anche quelli, uguali se non peggiori, con cui apostrofi chiunque non voti cinque stelle. Ecco, così, grida forte, che anche il vicino ti possa sentire: “corrotti”, “ladri”, “truffatori”, “mafiosi”, “pecoroni”,”morti viventi”, pd meno l,  ecc…

Bene, hai finito? Che effetto ti ha fatto? Ti senti meglio?  Spero sinceramente di sì, perché questo è la massima soddisfazione che ti potrai aspettare, se darai il tuo voto a Grillo e compagni. Un bello sfogatoio di cattivi pensieri e risentimenti, un altoparlante dentro il quale insultare il mondo in cui la merda, trattandosi di affari umani (e troppo umani), non manca mai. Certo, se voti Grillo il tuo malessere e le tue urla le sentiranno in tanti, per radio e per televisione e soprattutto sul web, grazie al web profeta Casaleggio. La stessa soddisfazione che provi quando sfanculi qualcuno mentre stai guidando e ti senti il signore del mondo, così splendidamente solo dentro la tua scatolina di metallo.

Se scavi in fondo a te stesso lo sai anche tu che le cose andranno così, che nulla cambierà con questo tuo voto di protesta. E non per colpa del sistema elettorale, del porcellum, della casta, del finanziamento ai partiti, della corruzione … Tutte cose negative e alcune pure schifose, intendiamoci, ma non determinanti. Tutto resterà immutato per una motivazione semplicissima e umanissima, la stessa per cui non insulti tua moglie quando sei arrabbiato, non prendi a botte il tuo capo che ti sottopaga, non righi l’auto del vicino in doppia fila, non spari all’amante che si fa tua moglie o tuo marito… Il fatto è che non sei solo a questo mondo e che non sei neppure Gesù Cristo.

Perché tu vivi in un consorzio umano, in mezzo alla gente, che ha altre idee dalle tue, che fa errori uguali e diversi dai tuoi, che ha le sue specifiche piccolezze e grandezze. Tutti questi “altri” non li puoi mica convincere a forza di schiaffi, di prese per il culo, di irrisioni. Non funziona così, dovresti saperlo per esperienza. Puoi anche avere ragione su un sacco di cose, puoi anche essere più onesto, più intelligente, più tutto di chi ti sta intorno, ma se pensi di imporre in questo modo le tue idee, ti stai sbagliando alla grande.

La politica, a dire il vero, serve proprio per questo, per trovare mediazioni, punti di accordo, per mettere insieme visioni, speranze e bisogni e pure capricci diversi.  E’ quella che fai quotidianamente, la buona politica, a meno che tu non sia un violento o un bandito. E non si capisce proprio perché dovresti affidarti a qualcuno che ti propone di fare esattamente l’opposto, che programmaticamente non vuole dare ascolto a nessuno, che non si vuole mescolare, che vive il dialogo come una corruzione e impurità.

Se hai ancora un attimo di pazienza, ti chiedo di guardarti ancora allo specchio. Dimmi, ci vedi riflessa l’immagine di Gesù Cristo? Cioè mi vuoi dire che li, di fronte a te c’è una persona che sta sempre dalla parte del bene, altruista, gentile, amorevole, saggia, capace di perdono, onesta e limpida e trasparente in ogni circostanza? Beh, io scommetto di no! Scommetto che lo sai di avere i tuoi scheletri nell’armadio, il tuo armamentario di pigrizie, di cattiverie, di bugie, di espedienti.  E se sei così, allora, perché diavolo ti poni nei confronti degli altri come se fossi sempre dalla parte della ragione? Perché ti senti investito solo tu di una missione divina, perché non pensi mai che forse ti stai sbagliando, perché non ti fermi mai ad ascoltare, perché non dici mai, mai, che hai sbagliato. Ma non ti sembra strano che il tuo capo non faccia mai autocritica, non ti sembra strano che chi contesta nel tuo movimento venga cacciato, trattato come un eretico, come una strega? Non pensi mai che anche solo per ragioni statistiche anche il tuo movimento abbia imbarcato degli opportunisti, dei cretini, dei truffaldini? Anche la santa chiesa  ha incominciato subito male, mettendo dentro prima Giuda e poi Pietro ( a cui però è stata concessa l’occasione per il riscatto). Voi no, tutti santi, evidentemente perché la selezione sul web certifica pure la perfetta moralità. E che mi dici a questo proposito, delle posizioni antisemite oppure razziste, oppure fasciste che talvolta vi capita di prendere e dichiarare? E delle liti interne, della mancanza di regole democratiche e di statuti? Dici che sono casi isolati, che non rappresentano il movimento?

Mi basta. Mi basta sapere che tu sei come noi. Perché l’uomo è i propri errori. E impara dai propri errori. Ma allora, e qui chiudo, che senso ha votare il “diverso” , se diverso non sei??

22/06/12

La nostra RAV
















Ad Acqui, in assenza della questione TAV abbiamo la RAV. Che non è una rete ad alta velocità, ma il Rumore ad Alto Volume. Una questione spinosa, su cui giriamo intorno da parecchi anni. Anche in questo caso abbiamo un Comitato, che presidia il centro storico, e che si lamenta dell'alto volume prodotto la sera da bar e locali , della confusione generata dai "nuovi barbari", della sporcizia e del disordine conseguenti alle "manifestazioni".
Dichiaro, in via prelimare, di riconoscermi maggiormente nelle ragioni dei "nuovi barbari". Nel senso che, alla fine, fatta la tara ai torti e alle ragioni, agli eccessi e agli abusi, preferisco un centro storico coatico e vivo piuttosto che un'isola pedonale di imperturbabile tranquillità. Ma questa è una questione di gusti, sarà che mi piace il disordine, sarà che sono stato un poco barbaro a mia volta.

Però il punto è altro. Il punto è la politica. Quella che manca, quella che abdica alle sue funzioni, quella che fa finta di niente ma intanto le cose accadono e proseguono e degenerano. Come per la Tav, sulla quale a lungo si è finto che nulla accadesse, sulla quale non si sono prodotte le occasioni per la mediazione e alla fine la faglia si è rotta e si sono formate le divisioni. La politica è stata inventata proprio per questo, invece, per fare da collante, per ricucire, ricomporre, mettere insieme. Quando la politica manca al suo obiettivo, ecco i fronti contrapposti, l'insoddisfazione reciproca, l'impossibilità di mettersi d'accordo.

Sulla RAV la politica è mancata in diversi sensi. In primo luogo perchè non ha saputo proporre una circostanza ed un luogo di confronto. Il Comitato del Centro Storico, di per sè, non è sufficientemente rappresentativo di tutte le istanze e i bisogni di chi "partecipa" alla vita del centro storico. Che sono, certo, i residenti, ma anche i commercianti di zona (bar, locali, ristoranti e botteghe, ecc...) e i fruitori in senso lato (i giovani e i meno giovani, i musicisti, ecc....). In secondo luogo, perchè non ha saputo proporre in questi anni un progetto coerente e articolato di iniziative coordinate da tenersi in città, di fatto costringendo l'imprenditorialtà ad arrangiarsi, ognuno per conto proprio, provando a massimizzare i profitti nell'immediato, dato che il futuro si presenta nella fattispecie della totale incertezza. In terzo luogo finendo per decidere sulla base di ordinanze anche un pò a casaccio, che una volta sembrano imboccare la strada della severità estrema (stop alle 11 di tutto le musiche e i fracassi, ugualmente classificati), altre percorrendo la strada del lassismo estremo, di fatto proclamando il "liberi tutti."

Da parte mia, consiglio quindi di dare una sterzata alle polemiche e cominiciare a ragionare. E si potrebbe partire così, se si volesse:

1) una serie di incontri con i rappresentanti delle associazioni di categoria coinvolte nel settore turistico e con le associazioni culturali in senso ampio, per mettere a punto un piano delle manifestazioni turistiche sensato, diversificato, esteso su più zone, misurabile nelle ricadute economiche e negli impatti negativi per i residenti, che diversifichi nei tempi e nei luoghi l'offerta di svago e divertimento.

2) una serie di incontri con i soggetti rappresentativi del Centro Storico, intesi in senso esteso (come detto precedentemente) per provare a comporre le ragioni degli uni e degli altri, capire i bisogni e i problemi, prospettare delle soluzioni. Percorso forse non facile, ma francamente non impossibile, visto che esistono anche semplici strumenti di compesazione, che vanno, tanto per dire, dalle agevolazioni per acquistare doppi vetri e condizionatori per i residenti, alla definizione di un calendario sostenibile di manifestazioni, alla individuazione di luoghi alternativi per musica, spettacoli e prove, al reinvestimeno degli "utili pubblici" in interventi di miglioria della qualità della vita in centro, ecc....

Cose semplici insomma, anche se più complicate per chi ricerca il consenso a breve tempo, di chi adotta la tattica cerchibottista, lasciando agli altri, ai cittadini insomma, l'onere di "scannarsi". Ma questo è appunto il metodo della barbarie e dalla clava, della vittoria che spetta al più forte, della pre-istoria. Mentre la politica è l'arte della giustizia, anche se troppo spesso ce ne dimentichiamo.

Per concludere, dunque, meno polemica e più politica, per risolvere la questione RAV.  E invece che sostenere le ragioni dell'antipolitica, pretendere che i politici, specie quelli al governo della città, facciano ciò che devono, ovvero amministrare.


PS. Non sarà un caso che la piazza più incriminata si chiami piazza Concilaizone ;-) ???






16/05/12

Il secondo sforzo

Eccoci qui, a pochi istanti dalla fine della partita, in perfetta parità. Dopo aver vinto i quarti di finale in scioltezza e passato con grinta le semifinali, siamo a giocarcela. Sono le elezioni amministrative di Acqui, in palio c’è il governo della città, ma sembra di essere nel pieno di una finale di NFL. Avete presente, vero, il football americano? Quello con la palla ovale,  le squadre che lottano per la conquista del territorio (in senso agonistico, ovviamente), le fasi distinte di difesa e attacco. Un gioco duro ma leale, fatto di giocate spettacolari, azioni di contenimento, placcaggio pesanti per fermare l’avversario e colpi sopportati nel tentativo di conquistare pochi metri.
Dopo una partita serrata, la nostra squadra ha messo in condizione Aureliano Galeazzo di fare l’ultima azione per conquistare la meta che ci darà la vittoria. Abbiamo tenuto duro, ciascuno con il suo ruolo, per tenere viva la partita. C’è chi ha conquistato terreno in attacco con giochi di corsa, azioni sicure basate sull’esperienza, favorite da placcatori che si sono sacrificati per creare il giusto varco. C’è chi ha difeso, leggendo le mosse dell’avversario, intercettando palloni pericolosi, marcando a uomo, buttandosi a terra per fermare una corsa. Tutti abbiamo fatto bene tutto e tutti abbiamo sbagliato qualcosa, chi ha provato con un gioco troppo innovativo che non è stato capito, chi ha lasciato andare un avversario che poteva essere bloccato, chi si è preso paura e si è tirato indietro.
Nel momento più brutto però, quando sembrava che la partita potesse girare a nostro sfavore, abbiamo dato la dimostrazione di avere la stoffa dei veri giocatori. Siamo riusciti a fare il “secondo sforzo”,  a dare quel qualcosa di più che ti permette di restare in piedi anche quando subisci un placcaggio duro e che consente di conquistare pochi centimetri di campo per prendere il down.  Il secondo sforzo è una cosa particolare, perché non dipende dalla fisica, ma dalla volontà.  E’ la voglia di farcela, che ti fa andare oltre le tue capacità, è lo spirito di una squadra che moltiplica le energie e la cui forza complessiva è più grande della somma dei singoli.
Ora siamo all’ultimo lancio. C’è il rumore sordo della mischia, di chi protegge il quarterback dai tentativi di placcaggio poco corretti. C’è il respiro affannoso dei ricevitori, che si smarcano per dare più opportunità di passaggio. C’è lo sguardo attento di Aureliano, che studia la soluzione migliore, come se tutto intorno fosse tranquillo e invece è frenesia, perché il vero regista conosce la forza della calma. La palla adesso è in aria e fila via, precisa e leggera. Il ricevitore è pronto. Sta lì da vent’anni, ad attendere quel pallone e quella vittoria. Il ricevitore designato sono gli acquesi, tutti quelli che vogliono cambiare. Tutti quelli che credono che il rilancio di Acqui sia possibile. Il 20 e il 21 maggio basta andare al ballottaggio e votare Galeazzo, per ricevere il pallone della vittoria.

04/05/12

IL GIORNO PRIMA

Il giorno prima è quello dell’appello. Quello in cui si chiamano gli amici, più per farsi rassicurare che per chiedere il voto. Quello in cui si chiamano gli indecisi, per ricordare che “se non ti occupi di politica, la politica si occuperà comunque di te”.
Il giorno prima è anche il momento in cui fai l’esame di coscienza. Ti chiedi se hai fatto tutto il possibile, se l’hai fatto bene, se potevi fare di più. La risposta è in chiaroscuro, perché con tutta la buona volontà qualcuno l’hai dimenticato, qualcosa l’hai tralasciato.
Il giorno prima è anche il momento della soddisfazione. Quella che resta, comunque vadano le cose, anche se perderai, perché può capitare, anche se in fondo non ci credi.  
La felicità certa sono gli amici. Quelli che ti stanno accompagnando, quelli che lavorano al tuo fianco e al tuo posto, quelli “vecchi” e quelli “nuovi”. Nella prima cerchia (senza riferimenti danteschi ;-) ci sono Beppe, Alessandro, Gianbattista, Giovanni, Mohammed, Simona. Sono quelli che si sono fidati di te e che hanno fatto rinunce e sacrifici per te. Quelli che … la politica, fatta così, è una bellissima esperienza #sapevatelo.  
Ci sono poi quelli che ti sostengono perché condividono il tuo progetto politico, perché già era così e perché strada facendo è diventato così. I nomi non li fai, perché alcuni magari non gradiscono e non li vuoi tirare in mezzo a loro insaputa, ma senti quanto può essere bello fare parte di un partito ma, anche, di un comitato. Ci sono quelli che stanno nella tua città e nel tuo partito, quelli che stanno nella tua città ma non nel partito, quelli come Mauro e come Ilda che stanno altrove ma li senti vicinissimi, nel pensiero e nel cuore. 
Tanti sono i “nuovissimi” che forse non ti voteranno, ma è lo stesso, perché li hai conosciuti di persona personalmente e hai gettato il seme per il domani e ci sono tanti ragazzi, che il destino lo vogliono prendere tra le mani. E ci sono quelli che giovani non sono ma sono la società civilissima (quella vera, con e senza tessera di partito in tasca) che sa riconoscere l’impegno che ci metti e ti incoraggiano nei momenti in cui senti il terreno mancare sotto i piedi. Ci sono anche gli amici ritrovati, e quelli che hai perso per strada e vorresti recuperare e ti chiedi come mai e speri che il giorno dopo sarà possibile.
Ci sono, non ultimi, ma primi, i cittadini, che speri diventino tuoi elettori. Che hai scoperto che ti ascoltano, che hanno voglia di rinnovamento, che leggono, si informano, chiedono, fanno polemica, ti convincono e si fanno convincere. Persone in dialogo, persone che fanno politica che è, anche, fatica e mediazione. Persone inaspettatamente al tuo fianco e persone attese che sono arrivate, chi subito senza pensarci, chi prendendosi il tempo che gli occorreva per maturare la decisione. Con tutte queste persone ho fatto un viaggio lungo attraverso la politica, attraverso i saperi e il fare, attraverso la città, le sue vie, i suoi quartieri.
L’abbiamo fatto con Aureliano Galeazzo questo viaggio, che ci ha fatto sentire parte di un progetto comune, che ha come obiettivo la rinascita di Acqui Terme.
Li voglio ringraziare tutti oggi, prima che sia domani, indipendentemente dal risultato. Grazie per avermi reso la vita più ricca di emozioni, la mente più aperta, il cuore più felice ;-)
Per completare il percorso perfetto, occorrerebbe ancora un buon risultato elettorale, il 6-7 maggio alle elezioni amministrative di Acqui. Galeazzo sindaco e io eletto nel Consiglio Comunale. Ma, vada come vada, “già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.”

02/05/12

Rinnoviamo la città. Nuove energie e nuove idee per Acqui

"Rinnoviamo Acqui. Con Aureliano, Ilda, Marco e Beppe

Il mio intervento all'incontro "Rinnoviamo la città. Nuove energie e Nuove idee per Acqui" a cui hanno partecipato Ilda Curti, Aureliano Galeazzo, Beppe Monighini e ... tanti acquesi ;-)
Recentemente ho appreso un nuovo uso  del verbo rinnovare. Nella sua declinazione toscana, accettata dalla Treccani, rinnovare significa indossare per la prima volta un certo abbigliamento: rinnovare le scarpe, rinnovare una borsa, rinnovare un vestito, ecc …
Quest’uso del verbo mi ha fatto ricordare la metafora usata da Enrico Borghi, vice – presidente dell’Anci, che nel corso di un incontro ad Acqui sulla buona amministrazione ha paragonato il ruolo del Comune a quello di un vestito. L’amministrazione comunale, ha detto Borghi,  è infatti l’abito che veste la comunità: la protegge dal freddo, le garantisce dignità e contribuisce a definire la sua identità.
Il mescolarsi di questa “scoperta linguistica” e di questa “indicazione metaforica” mi ha indotto a fantasticare sull’abbigliamento che vorrei venisse indossato dall’Amministrazione Comunale di Acqui dopo le elezioni del 6-7 maggio.
Partendo dal basso, mi piacerebbe anzitutto dotare i prossimi amministratori di Acqui di un paio di scarpe comode. Perché, come sempre ci ricorda la nostra amica Ilda Curti, per conoscere una città bisogna percorrerla, camminarci dentro, andare di persona  personalmente ad ascoltare i problemi e le richieste dei cittadini. Così abbiamo fatto noi, assieme ad Aureliano Galeazzo, durante questi mesi in cui abbiamo elaborato il programma per le elezioni. E così intendiamo fare anche dopo, se verremo eletti, perché senza dialogo non si conoscono le domande e quindi non si trovano le risposte. Un paio di scarpe comode, inoltre, le regalerei volentieri anche ai membri della giunta uscente, per evitare i rischi della sedentarietà di chi troppo a lungo resta attaccato alla poltrona e non vuole saperne di schiodarsi e lasciare spazio a nuove energie e volti nuovi.
Per quanto riguarda l’abito, farei indossare ad Acqui un paio di jeans. Prima di tutto perché il jeans nasce come vestito resistente per i lavoratori. E il lavoro e la crescita dell’occupazione sono le vera priorità per la città. La nostra proposta di rilancio in questo campo ha come cardine il concetto di rete, perché occorre ritessere la trama e l’ordito del tessuto comunitario che in questi anni di cattiva amministrazione è stato lacerato. Questa sinergia si esprime in forme diverse:
- l’integrazione tra la città e il territorio circostante, che è mancata in questi anni, a causa dell’attitudine isolazionista del centro-destra. Una rete di questo tipo permette di fare sinergia tra l’offerta termale, quella enogastronomica, quella paesaggistica, quella artistica e quella culturale.
- la costruzione di una rete tra i soggetti che operano nei diversi settori. Occorre, ad esempio, creare reti di imprese nel settore turistico, che vedano coinvolte le associazioni degli albergatori, i commercianti, i tour operator, le associazioni agricole e quelle artigiane, ecc, al fine di costruire dei pacchetti turistici di visita, secondo le regole del moderno marketing territoriale.
Il jeans poi ci piace perché è un abbigliamento che ha grande successo tra i giovani. Giovani a cui bisogna necessariamente adattare la città. Ad esempio partendo da un’idea di sviluppo sostenibile, che non consumi oggi le risorse per il domani. Tanto per fare qualche esempio, sperperare per 10 anni le risorse del Comune con progetti assurdi – la fontana in piazza Italia, il teatro in piazza Conciliazione - sono esempio di sviluppo NON sostenibile. E’ sostenibile, invece, agevolare interventi di ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente, puntando sul miglioramento dell’ efficienza energetica e riducendo drasticamente il consumo di suolo. E’ sostenibile  inoltre pensare di utilizzare adeguatamente le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea per la nascita di start-up e per l’insediamento di aziende a basso impatto ambientale ed elevato contenuto tecnologico. Perché il primo obiettivo, per le nuove generazioni, è quello di dare occasioni di sviluppo della nostra città, che fermino quella “fuga di cervelli”, costretti ad allontanarsi da Acqui per trovare un posto di lavoro. Una emorragia che, a sua volta, rende difficile lo sviluppo di Acqui, perché le nuove leve si allontanano e la città invecchia. 
Dato che il jeans è d’origine americana e dato che gli statunitensi  si  intendono d’ innovazione, una particolare attenzione si deve riservare alle nuove tecnologie, puntando sul miglioramento delle reti di comunicazione, in particolare la banda larga, che sono diventate strumenti indispensabili per migliorare la competitività delle imprese. La tecnologia digitale e il web sono anche indispensabili per proporre un’offerta turistica di qualità che consenta di promuovere la nostra città attraverso i moderni sistemi di comunicazione, in grado di raggiungere un pubblico vasto e qualificato, diminuendo i costi pubblicitari e incrementando una fruizione completa del patrimonio artistico e culturale di Acqui. In questo senso l’adozione di hot spot wi-fi ad accesso gratuito, accoppiata con l’uso dei QRCODE permetterebbe al turista di conoscere e visitare virtualmente Acqui utilizzando uno smartphone o un tablet e anche di poter accedere con semplicità ai servizi di prenotazione on-line. Degli USA inoltre non sarebbe male imitare anche la “cultura d’impresa” favorendo, come Comune, i processi di semplificazione amministrativa per l’apertura di nuove imprese e per la gestione delle stesse.
Sopra i jeans Acqui dovrebbe inoltre vestire una camicia e una giacca. La camicia non è quella di forza, anche se alcuni interventi di questi anni, come lo sperpero di denaro pubblico per la costruzione del Centro Congressi, rasentano la follia.  La giacca ci vuole, perché se puntiamo su uno sviluppo turistico, dobbiamo anche saperci presentare bene. Con una certa eleganza, perché il turismo di Acqui deve puntare sulla qualità, degli alberghi, dei ristoranti, delle produzioni tipiche, dei servizi alla persona, dell’offerta culturale. Tanto per fare un esempio, la nuova Spa Lago delle Sorgenti è un’iniziativa che rispecchia l’immagine che vorremmo dare della zona Bagni, integrandola con la riqualificazioni di altri immobili nella zona dei Bagni. Sulla cravatta, invece, siamo disposti a soprassedere, perché crediamo nel valore di un approccio amichevole, sincero, schietto con i turisti che arrivano ad Acqui, la cui prima esigenza è di incontrare e conoscere una comunità, di condividere e confrontare i rispettivi stili di vita.
Eccola qui, dunque, la nostra città di domani, vestita di tutto punto. Speriamo di poterle fare indossare questo nuovo abito dopo il 6-7 maggio. Per rinnovarla serve il voto degli acquesi. Perché chi non vota Aureliano Galeazzo si tiene la città così com’è, per altri cinque anni. E non è un belvedere.

23/04/12

Cosa succede in campagna



l'alto sguardo di mark cooper  
 

















La campagna è quella elettorale per le amministrative di Acqui. E’ anche la campagna rurale, dato che qui intorno sia circondati da splendide colline.
Nella mia campagna (any sense, come dice spesso l'amico Civati) sto scoprendo alcune novità. La prima è che siamo politicamente avanti. Non parlo di sondaggi, ma nel metodo di elaborazione di un progetto politico.
Siamo avanti perché come comitato organizzatore per Galeazzo Sindaco abbiamo superato le divisioni partitiche. Il centro-sinistra non solo si presenta unito – la destra ha invece sei candidati, sei!- ma sta già agendo unitariamente. Lavoriamo assieme senza pensare alla tessera che teniamo in tasca e al simbolo sotto il quale siamo in lista. Questo “cantiere democratico” è la migliore risposta che si possa offrire ai tanti disillusi dai partiti e dalla politica. Dentro il cantiere infatti ci sono solo due regole: partecipazione e responsabilità.  Chiunque può entrare, ascoltare, proporre un’idea per la città. Se viene condivisa, il secondo passaggio obbligato è di assumersene la responsabilità di portarla avanti. Perché le idee ci piacciono, ma solo se supportate dalla disponibilità al lavoro.  
L’altra novità è, più che altro, una conferma. Il centro-sinistra ha un patrimonio di competenze formidabile. Una “riserva” di personale, fatta di persone competenti e amministratori preparati. Persone pronte a gestire una città, perché la buona volontà è indispensabile ma da sola non basta e come in ogni attività ci vuole esercizio e studio per diventare capaci. In questi settimane ne ho incontrate e incontrerò ancora, di persone di questo tipo: Paolo Limonta, Enrico Borghi, Chiara Pirovano, Ilda Curti, tanto per fare qualche nome. Poi ci siamo noi, che sosteniamo Aureliano. Senza false modestie, penso che potremmo essere la “riserva di Acqui”, persone fedeli al discorso di Pericle agli ateniesi che inizia così: “Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.” Riserve che però, in altro senso, non vogliono più essere riserve, perché per il bene della città bisogna assolutamente cambiare il colore politico dell’amministrazione, visti i troppi errori del ventennio del centro-destra.  
Siamo avanti, infine, perché abbiamo risposte concrete a chi non crede più nella politica. Risposte che passano attraverso una partecipazione non figurata, ma reale. Con i tavoli tematici, i comitati di quartiere, la trasparenza amministrativa. A chi vuole “buttare via” il voto, per protesta e indignazione,  rispondiamo di “liberare il voto”. Che significa scegliere persone competenti, preparate, che non fanno promesse da campagna elettorale, ma che si assumono pochi, seri, impegni.  Chiediamo di “liberare il voto” perché non vogliamo il voto clientelare, di interesse personale, nella speranza di ottenere favori. I “favori” intendiamo farli a tutti, cioè intendiamo agire solo nell’interesse generale, perché il bene comune è il bene che fa bene a tutti. Chiediamo di liberare il voto, perché una città va amministrata non dai parenti, dai parenti dei parenti o dagli amici degli amici. Una città va amministrata da chi è capace di pensare a tutti e per tutti.
Ecco cosa succede qui da noi in campagna!

14/04/12

Non ci fermeremo!




Non fermatevi mai! Così ci salutano Paolo Limonta e Chiara Pirovano al termine della serata di ieri ad Acqui, dedicata alla partecipazione. E come potremmo fermarci dopo aver ascoltato dai nostri amici di Milano il racconto del successo entusiasmante di Pisapia? Come potremmo, dopo aver capito che la loro energia è la nostra stessa energia, quella voglia di ripartire dalla comunità per ricostruire, rinnovare, cambiare la città? 
Tra i tanti consigli e spunti di riflessione, due mi sono restati particolarmente nel cuore. La felicità, innanzitutto. I volti sorridenti di chi ha partecipato ai comitati di quartiere, di chi si è coinvolto in prima persona. Metterci il lavoro e la faccia nella politica e alla fine sorridere, essere contenti. Abbiamo bisogno di questa felicità che viene dall'entusiasmo, in questi tempi tristi e preoccupati. Una felicità che nasce dalla convinzione che cambiare si può, in meglio, assieme!
L'altra idea che continua a "rigirarmi" nella testa e nel cuore è la riscoperta della bellezza del vivere insieme, della dimensione sociale della città. Dopo tanti anni in cui il centro-destra ha provato a distruggere un idea di comunità,  abbiamo finalmente riscoperto quanta ricchezza ci sia nel fare le cose assieme, quanto sia grande e importante il bisogno di condividere per migliorare. Le città, Acqui come Milano, hanno bisogno dell'impegno civile di tutti per risollevarsi, per superare la crisi. Fare comunità significa mettere insieme le competenze, le emozioni, le idee, i progetti. Progettare insieme, sapendo che non sempre è facile, ma che solo così si riescono a costruire le città "aperte", a misura del cittadino, per il cittadino. Chiudersi nei propri problemi, lasciare che siano altri ad occuparsene, ascoltare le promesse dei politici e politicanti non basta più e non risolve. Ci serve la buona politica, fatta da chi prova a condividere i propri problemi con gli altri e trovare assieme le soluzioni, assumendosi un pezzo di resposabilità.
Questa voglia di costruire la comunità è il punto fondamentale del nostro progetto per Acqui. Abbiamo istituito i comitati di quartiere, per dare una forma concreta a questa volontà. Ci serve e ci servirà che in tanti condividano questo progetto. E ci servono amministratori competenti, che sappiano aiutare a tradurre in pratica questa voglia di cambiamento. Diamoci una mano, sosteniamoci assieme. Cambiare si può! Cambiare si deve!

10/04/12

Il mio quartiere è il tuo quartiere


Un mese fa, circa, stavo passeggiando con il mio cane nel centro storico di Acqui. D'improvviso una quarantenne mi apostrofa dicendo che i cani nel centro non possono passeggiare.  Ogni tentativo di spiegarle che avevo il "necessaire" per evitare ogni danno arrecato dalla mia "briciola" è stato inutile. La disputa si è conclusa con la perentoria affermazione della signora, che mi spiegava che quello era “il suo quartiere” e non ci voleva più vedere lì.  
Al netto della maleducazione, la storia m’ha fatto pensare. In che senso la "signora" poteva presumere di imporre il divieto di circolazione ai cani, anche se al guinzaglio e anche se in regola con le ordinanze comunali?  In che senso il quartiere era “suo”?
E’ vero che un quartiere è di chi ci abita. Come è vero un quartiere è di chi ci lavora e di chi ha una attività commerciale. Occorre però fare attenzione. Un quartiere appartiene sempre anche agli altri cittadini: insomma, è un bene comune. Diciamo che gli abitanti della zona hanno una “prelazione” ma non una esclusiva, sulle scelte che si fanno per un quartiere. Un quartiere, infatti, non serve solo chi ci abita, ma è un servizio per la città. Così come non viene gestito solo con le tasse degli abitanti della zona, ma dalle tasse di tutti i cittadini. Un quartiere è dunque una parte della città, non una piccola città-stato.
Questa distinzione fa la differenza. Perché se ogni quartiere viene concepito e vissuto come una esclusiva degli abitanti della zona, si finisce per creare la città dei “veti incrociati”. Nessun quartiere vorrà “accollarsi” gli oneri di attività o servizi comuni che rischiano di danneggiare, disturbare, alterare la vita dei residenti. Ognuno non vorrà qualcosa: chi il centro sociale, chi la musica dal vivo, chi gli immigrati, chi il centro d’ascolto, chi i parcheggi pubblici, chi lo stadio, chi il depuratore, chi la strada e via discorrendo ... 
Con questo non voglio dire che i progetti di “interesse generale” vadano imposti dall’alto. Dico, al contrario, che è proprio la logica dei veti che finisce per  legittimare decisioni arbitrarie e non concordate. Senza una visione d’insieme e una disponibilità a ragionare come comunità, alla fine il “cerino” rimarrà in mano a qualcuno, a tempo scaduto e senza possibilità di negoziazione. E quel qualcuno, come ci insegnano tante periferie dell’Europa e del mondo, sarà spesso il soggetto più debole. Quei quartieri dove, prima o poi, esploderà la bomba del disagio sociale e che tornerà a coinvolgere, negativamente, tutti.
La mia proposta è di considerare ogni intervento su un quartiere come un intervento per la città. Sapendo che una città ha bisogno di certi servizi  e di certi spazi. Sapendo anche che i pesi e le fatiche vanno ridistribuiti su tutti perché altrimenti è l’intera struttura dalla città che rischia di collassare.
Se provo a pensare che il mio quartiere è, anche, quello di un altro, mi sembra che il dialogo possa svilupparsi meglio. E’ più facile accettare di avere un certo disagio se si pensa che contribuisca al bene della città e sapendo che, altrove, qualcun altro si assumerà un onere complementare.
Se vogliamo ripartire, occorre un cambio di mentalità. Bisogna iniziare a pensare come un "noi", perchè la città è necessariamente plurale. Se rimaniamo ancorati al nostro particolare, non riusciremo mai a metterci d'accordo. E daremo il pretesto a qualcuno altro di decidere al posto nostro, senza ascoltarci, con la scusa che siamo troppo litigiosi.  
Ma noi non siamo così. Siamo capaci di buona partecipazione. E’ giunta l'ora di dimostrarlo. 

03/04/12

Libero voto in libero Stato.




Parentopoli. A dirla in breve e con perfido gusto della provocazione giornalistica si potrebbero definire così le prossime elezioni amministrative nei piccoli e medi Comuni. Perchè a scorrere l'infinto elenco delle liste di candidati sindaci e relativi consiglieri, sembrano esserci più eleggibili che elettori. O più precisamente, ci sono molti Comuni in cui ogni candidato consigliere ha un potenziale di elettori che va dalle trenta alle cinquanta persone, al netto di un'astensione non ancora precisamente quantificabile ma presumibilmente consistente. Parentopoli, allora, perchè c'è un'alta possibilità che i consiglieri più votati siano quelli che possono contare su cerchie famigliari numerose, perchè il voto locale è molto basato sulla conoscenza personale, piuttosto che sulla "fede" politica. E questo rapporto diretto si potrebbe tradurre, anche con una certa logica, nel votare un parente candidato, che in qualche modo rappresenta una garanzia in tempi di sfiducia verso i partiti e la politica in genere.
Sarà che non "tengo parenti" nella città in cui mi candido, ma a me questa possibilità non piace un granchè. Pur sostenendo il valore della partecipazione, ritengo anche che per amministrare ci voglia un pò d'esperienza. Ciò non vuol dire aver per forza già ricoperto qualche ruolo politico- mi guardi iddio dal sostenere la necessità di mantenere l'ordine costituito e l'attuale classe dirigente- quanto piuttosto avere qualche competenza rispetto all'impegno che ci si vuole assumere. Come per ogni altra attività - che sia uno sport, un arte, un lavoro- bisogna avere un minimo di formazione prima d'arrivare a governare, sia pure un piccolo Comune. L'improvvisazione non paga, anzi a pagarla rischiano d'essere i cittadini. 
Credo che, ragionando per anologia, nessuno si farebbe operare da un parente infermiere o massaggiatore, piuttosto che da un medico la cui capacità è comprovata da esperienza e da un lungo percorso di formazione.
Per questo la mia proposta, interessatissima s'intende, è quella di provare a votare con tutt'altro criterio. D'affidarsi al merito e alla competenza, al programma che un candidato presenta, al suo curriculum precedente, a quanto ha fatto e sostenuto fino al giorno precedente. Non è forse vero, infatti, che in tanti (se non tutti) sosteniamo la necessità per l'Italia di uscire dalla logica del nepotismo e clientelismo (inteso in senso latino) e di iniziare a costruire una società meritocratica basata sull'impegno e sulle capacità.
Allora facciamo così, prima di votare: chiediamo al nostro parente cosa ne pensa di questo e di quest'altro problema cittadino, e di cosa ha fatto, prima di oggi, per provare a risolverlo. Se non ci convince, rivolgiamoci altrove. Perchè alla fine, almeno nel segreto del seggio, vorremmo votare chi ci pare, senza condizionamenti e pressioni? E allora, libero voto in libero Stato!




02/04/12

La neve di maggio.





C'eravamo lasciati il 29 gennaio '12 sotto una fitta nevicata. Alle nove di sera avevamo scoperto che quella nevicata era per noi. Per noi che avevamo sostenuto Aureliano Galeazzo come candidato del Pd alle primarie di centro-sinistra di Acqui. Aveva vinto, Aureliano, in modo tanto netto quanto sorprendente.

Dopo due mesi esatti, ci siamo ritrovati all'hotel  Nuove Terme, per presentare le liste a favore della candidatura di Aureliano a sindaco di Acqui. Siamo cresciuti, di numero, di forza, di qualità, di entusiasmo. Le liste a sostegno sono diventate 6, la squadra si è rafforzata nelle difficoltà e nei successi.

Confermiamo oggi l'impegno che ci siamo presi allora. Vogliamo fare nevicare anche di maggio. Vogliamo realizzare quest'evento soprendente, far tornare il centro sinistra alla guida della città, dopo vent'anni di amministrazione di centro-destra.

Non mi vergogno a dire che della neve mi piace il candore. La nuova politica che voglio realizzare appoggiando Aureliano è, infatti, una politica semplice e pulita. Una politica senza tatticismi, senza furberie elettorali, senza interessi personalistici, senza steccati ideologici e partitocratici. Un modo di amministrare chiaro, trasparente, che si interessa solo di problemi reali e di soluzioni razionali e concrete. Una politica accogliente, sotto la cui coltre germogliano, al riparo, le nuove idee e i nuovi progetti.

So che Aureliano è uno scalatore appassionato. Sono sicuro che ci porterà sino alla cima, assicurati l'uno all'altro, sostenendoci l'uno con l'altro. Sulla cima c'è una luce diversa e un'aria rarefatta e pura. Ci manca l'ultimo sforzo, un mese ancora. Possiamo farcela, mettendoci la stessa determinazione e la stessa capacità di lavorare di Aureliano.

Sappiamo che il nostro successo dipende solo da due fattori: la nostra capacità di sopportare la fatica e la nostra capacità di fare squadra.

Manca poco, si vede ormai il sole oltre le nuvole. Andiamo allora, per raggiungere il sogno dell'Acqui di Domani. Cambiare si può!

Buona nevicata a tutti!




30/03/12

Una caraffa di caffè per l'Acqui di Domani.




Ci vuole proprio una caraffa di caffè, in questi giorni. Per stare attivi e svegli, perchè siamo al rush finale delle elezioni comunali di Acqui Terme. Per certo verso una maratona, iniziata con la candidatura di Aureliano Galeazzo alle primarie e il nostro successo. Per altro verso uno sprint, di qui al 6-7 maggio. Alla fine una staffetta, in cui ci passiamo il testimone, dandoci una mano e dandoci il cambio. La volata finale, quella, spetta ai cittadini di Acqui. Spetterà a voi dare il contributo decisivo per far prevalere il cambiamento. Al lavoro, dunque, tutto il giorno e tutti i giorni, per raggiungere il traguardo. Perchè vent'anni d'attesa possono bastare.
Ps. Ehi, se qualcuno mi volesse pure dare un voto, sono il 16 della lista Pd. Chissà mai che gli ultimi non siano i primi ;-)