31/12/10

Il lato nacosto della frittata.

La
frittata è fatta, ma sarebbe l’ora di rivoltarla. Perché se è vero che gli accordi di Mirafiori e Pomigliano sembrano ormai definitivi, non si capisce proprio quest’addossare al PD e alla sinistra il fardello della questione. Insomma, dando ascolto ai media e seguendo il flusso delle dichiarazioni sembrerebbe quasi che al governo ci fosse Bersani, al ministro dell’economia Vendola, alle relazioni industriali Ichino e al welfare Di Pietro. E invece no, al governo ci sono il PDL e la Lega la responsabilità di quanto sta accadendo all’interno del sistema delle relazioni industriali italiane in questi giorni se lo devono assumere loro. Quindi invece che andare a cercare le spaccature nella sinistra-che pure ci sono- bisognerebbe chiedere ai Bossi e ai Maroni che cosa ne pensano loro di questo accordo, loro che si vantano di avere ormai conquistato l’elettorato operaio del Nord Italia. I paladini dell’italianità contro le cineserie, i fieri avversari della globalizzazione, che cosa hanno fatto per impedire l’affermarsi di modelli industriali da paesi in via di sviluppo, che limitano i diritti e che incrementano i carichi di lavoro? Non li preoccupa neppure un po’ vedere i nostri operai trasformati in tanti lavoratori cinesi e messi in una concorrenza  senza rete con gli indiani o i coreani? E se non gli interessa, come appare dal loro compiaciuto silenzio di questi giorni, come possono dire di rappresentare in qualche modo gli operai e i loro diritti? 
Non tanto meglio se la passano nel PDL, i cui ministri- Sacconi e Romani in testa- applaudono convinti le proposte di Marchionne. Dato che  così stanno le cose, sarebbe l’ora di fargli notare che non solo è tramontata la farsa del presidente “operaio”, ma che l’intera struttura “popolare” del PDL deve essere abbandonata. Essere semplicemente felici di quanto sta accadendo alla Fiat rivela infatti la verità di un partito classista, che è indifferente ai destini degli operai, che è pienamente d’accordo sul loro sfruttamento e che non ritiene sia necessario muovere un dito per migliorare le condizioni di vita e lavoro di chi si colloca in una fascia bassa di reddito. Il PDL si mostra così come il partito classista degli imprenditori, dimostrando una visione antiquata dell’impresa, volto a riconoscere solo i diritti dei datori di lavoro e non dei lavoratori.
E se qualcuno rispondesse che altro non si poteva fare, che gli accordi andavano accettati e che per preservare i posti di lavoro non c’era altra scelta? A questi, che sono molti, bisognerebbe dire che mostrano una visione succube della politica all’economia, quella visione che ci ha portati dentro la crisi economica e che ha fatto dei banchieri nazionali e internazionali i veri detentori del potere. E, così ad occhio, ho come l’impressione che molti elettori della Lega  e del PDL non sarebbero proprio contenti di sapere che il loro destino è stato consegnato, senza domandare il loro parere, nelle mani di una presunta elitè di funzionari.
Tuttavia la verità è ancora un’altra: che molto il governo poteva e doveva fare in questa fase epocale di trasformazione del mondo del lavoro e delle relazioni d’impresa e nulla ha fatto. Tanto per essere concreti, il governo poteva farsi promotore di piano di sviluppo della Fiat che, attraverso sostegni economici ed agevolazioni fiscali, permettesse un miglioramento della produttività e della qualità delle produzioni. In sintesi, il governo aveva il dovere di spingere la Fiat a competere con gli altri giganti dell’automobile non sul piano del risparmio del costo del lavoro ma sulla qualità e l’innovazione dei propri mezzi. Auto migliori, magari innovative da un punto di vista dei carburanti, ad alto valore aggiunto tecnologico, con operai tanto qualificati e specializzati da diventare insostituibili. Un piano di sviluppo tarato insomma sulle strategie competitive delineate dall’Unione Europea, che ritiene necessario trasformare il vecchio Continente in una “economia della conoscenza”, per evitare di entrare in competizione diretta con quelle economie emergenti che possono disporre di forza lavoro a bassissimo costo. Il governo di Berlusconi poteva proporre a Marchionne un simile piano, facendo leva sui fondi per la riqualificazione del personale e sullo sviluppo produttivo che provengono da Bruxelles, ma ha ritenuto non fosse necessario farlo. Perché non aveva alcun vero interesse ad aiutare gli operai Fiat, ai quali non ha riservato un decimo delle attenzioni riservate ad Alitalia, per la quale invece aveva bel altri “interessi” e per la quale ha violato una quantità imprecisata di regole comunitarie.
Ma mettere in campo una simile strategia di medio e lungo periodo avrebbe anche comportato la messa in discussione della linea economica di Tremonti, questa presunto liberismo ammantato di paternalismo compassionevole. Insomma la ricetta del ministro del Tesoro per gestire la crisi economica è solo quella dei tagli lineari alla spesa: un sistema semplice e allo stesso tempo di breve respiro, perché non offre alcuna direzione di sviluppo e nessun incentivo per la ripresa complessiva della competitività italiana. Intervenire in prima persona negli accordi di Pomigliano e Mirafiori avrebbe significato per il governo anche impegnarsi economicamente, assieme all’UE, per delineare un progetto di sviluppo innovativo in un comparto industriale molto importante per il nostro paese. Ma Tremonti non ha voluto derogare al suo schema, pensando che era più comodo e più sicuro fare pagare agli operai il peso della crisi e della ristrutturazione. E comportandosi così in modo assai diverso non solo da paesi notoriamente comunisti come la Germania e la Francia – che hanno speso per riqualificare e sostenere l’innovazione e la ricerca- ma anche dal pericolo socialista Obama, che negli Stati Uniti ha ampiamente aiutato con fondi pubblici l’industria dell’auto.
 In conclusione la vicenda Fiat  è il segnale inequivocabile della crisi politica del governo Berlusconi:
un governo che si autoproclama “del fare” e che in una simile, cruciale, vicenda non fa nulla, compresa la mancata riforma del sistema della rappresentanza sindacale,
un governo che si proclama “popolare” e “patriottico” e che saluta con un classico “me ne frego” i problemi nuovi dei lavoratori italiani, dimostrando una parzialità di giudizio che lo appiattisce sull’ala più autoritaria e “sfruttatrice” dell’imprenditoria italiana.
Altro che crisi della sinistra, quindi!

24/12/10

Invisible sun

Credo che oggi sia la giornata adatta, per pubblicare. Il 24 dicembre, al mattino, quando molti dormono e tantissimi stanno in giro, a completare auguri e regali. Sono questi i nostri momenti, i momenti delle persone invisibili. Spiegare chi siamo non è facile e non credo neppure che esistano le categorie sociologiche adatte. Si potrebbe provare per riduzione, come un tempo provava a fare con Dio la teologia negativa: ne verrebbe già fuori qualcosa di più chiaro, come la larga esclusione dei ricchi e straricchi dal popolo degli invisibili. Perché ricchezza di questi tempi comporta esposizione, presenza, importanza individuale nelle decisioni, spesso attenzioni dei media, quasi sempre coorti di persone questuanti e domandanti e veneranti. Eppure non basta. L’uomo invisibile non è solo il non-ricco e neppure il povero. Si tratta di condizioni di possibilità ma non di definizioni. Il problema vero è che per comprendere che cos’è un uomo invisibile bisognerebbe vivere questa condizione, perché è una esperienza soggettiva, stato dell’anima. Ma moltissimi, la larga maggioranza di quelli che potrebbero originariamente essere invisibili, cerca di sfuggire a questa esperienza. La si vede chiaramente, questa fottuta paura dell’invisibilità, che opera in ogni istante della nostra vita. A cosa si deve, altrimenti, il grande successo dei social network, l’inestirpabile fascinazione della televisione? Sembra che il percorso esistenziale di molti sia ormai l’uscita dallo stato di invisibilità originaria e la conquista della sovraesposizione: tanti hanno il desiderio di avere gli occhi di tutti addosso, che a ben pensarci è una cosa terribilmente bambinesca. Lo fa anche mia nipote, che ha quattro anni, e lo fa anche il cane, che di anni ne ha 12: quando si smette di guardarli si mettono a fare le cose più stravaganti pur di essere notati. Da ciò però non deduco – perché anche io sono un invisibile- che essere al centro dell’attenzione sia necessariamente bello: sono uno di quelli vecchio stile, che crede che il percorso umano vada dalla natura alla cultura e che ha una certa diffidenza per ciò che è “istintivo”. Per istinto, tanto per cominciare, penserei solo ai cazzi miei e, sempre per istinto, dell’altro mi interesserebbe solo quando mi fa comodo. La naturalezza del narcisismo non mi sembra quindi un argomento a favore. Questa divagazione, intanto, ci ha portati ad un altro punto: gli invisibili sono persone responsabili. Intendo gli invisibili che “ci stanno dentro” all’invisibilità, non i frustrati. Chi accetta di non avere tutti gli sguardi addosso, chi non ricerca a tutti i costi la mossa ad effetto, chi vive come comprimario o maschera sul teatro del mondo è già un uomo maturo. In qualche modo s’è fatto una ragione, ha superato lo stato di natura, è diventato responsabile delle sue azioni. Non ricco, spesso al limite del quarto stato, maturo, sufficientemente riflessivo: già il quadro comincia a definirsi, come una cornice intorno allo spazio vuoto. L’invisibile, aggiungerei, non ha quasi mai ruoli di comando. Non che non ci siano persone in gamba, tra questi invisibili, anzi. Ma il pudore con gli anni è diventato un terribile difetto, un segno di mancanza di personalità, specie in un paese con certa classe dirigente. Come la modestia e l’autocritica, specialità in cui l’invisibile eccelle. Per cui se vuoi comandare, o trascinare, ci vuole la battuta pronta, il gusto dell’apparire, i tempi rapidi della risposta (anche una cazzata qualunque ma rapida), la sicurezza ontologica di trovarti nel giusto. Così si arriva a dirigere ai nostri tempi, e tuttavia non sono sicuro che sia sempre successo così. Credo che un tempo l’efficienza e la competenza reale contasse di più di certo sensazionalismo della persona ma magari è solo una invenzione nostalgica.
Comunque è interessante che ci sia un popolo di invisibili senza capitani. E’ un altro tratto dell’invisibilità, quello di non avere bisogno del comandante. In questo gli invisibili si differenziano dalla massa anonima del novecento, almeno come viene descritta dalla sociologia e dalla storiografia. Quella appariva come gente frustrata, lo insegna Le Bonn, che non sapeva più qual’era il proprio posto nel mondo e andava alla ricerca disperata e famelica  di una guida,  anche di gente improponibile come Hitler, Mussolini e compagnia cantante. Il corrispettivo di questa folla, ai tempi nostri, sono i cercatori di notorietà frustrati, che probabilmente sono la maggioranza. Gente che cerca un idolo da imitare, una guida carismatica. In Italia sono molti, forse la maggioranza e politicamente si collocano come sapete, ma se guardate bene troverete anche delle sorprese: i nomi dei leader sono su tanti stemmi elettorali e le disfide personali nei partiti sono ovunque all’ordine del giorno. Ma gli invisibili, no: avendo fatto esercizio di “oscurità”, avendo imparato a controllare il naturale onanismo narcisistico, non cercano un capo, perché non stimano chi si crede sopra e al di là. Ciò non toglie che abbiano una visione della politica. Tendenzialmente hanno passione per le idee, più che per le persone. Le idee hanno la caratteristica inalienabile di essere di molti: per quanto lo si creda nessuno “ha un’idea”, perché questa è il risultato di una accumulazione di saperi plurali. Pensate un attimo già solo al linguaggio, e non potrete che darmi ragione. Certo, in politica, come altrove, ci sono i fessi che registrano il marchio e sostengo di essere gli inventori d’un pensiero, ma questo è un altro segno di delirio individualistico. Amando quest’idea delle idee, gli invisibili amano anche la democrazia. Ma come orami capite da soli, gli invisibili sono a favore della democrazia partecipata, o addirittura diretta. I rappresentanti a vita gli fanno orrore, così diversi da loro da pensarsi indispensabili. I rappresentanti a tempo determinato, rarità in un paese come l’Italia, gli sembrano per lo più il male minore. Vorrebbero dei partiti e dei movimenti che “eroicamente, convintamente, quantuquamente” siano privi di leader, anche se i media vivono solo ed esclusivamente di piccoli e grandi protagonisti. Vorrebbero aggregazioni politiche dove proposte e decisioni si formino collegialmente. Ad alcuni invisibili, tra cui il sottoscritto, è molto piaciuta l’esperienza di Prossima Italia a Firenze, con i 5 minuti 5 dati a ciascuno per declinare la propria, di idea.
A tutti questi invisibili che stanno lì fuori vorrei rivolgere quest’anno i miei auguri di Natale. Vorrei fargli sapere che non siamo soli,  anche se così sembra. Vorrei fare sapere che anche se nessuno si cura di noi, anche se nessuno ci trasmette in televisione, anche se nessuno ci legge, ci cita, ci da la parola, noi esistiamo. Esistiamo e abbiamo le nostre ragioni, spesso migliori di chi le urla, le strepita, le declama alla folla. Vorrei anche ringraziarvi. Perché il vostro lavoro nell’ombra è spesso il serio, il più vero, il più importante. Vorrei dirvi di non perdere la fiducia, anche se la politica vi trascura e se il tempo sembra favorevole solo agli esagitati, ai narcisi, ai tronfi. Vorrei dirvi che tra noi, silenziosamente, siamo compagni. Che siamo una forza in movimento. Per resistere e per cambiare. Vorrei dirvi che torneranno i giorni in cui la dignità non avrà prezzo e in cui il lavoro serio e la competenza varrà di nuovo qualcosa.
Buon anno a voi, invisibili. Una luce soffusa si accende nella notte di Natale.  

15/12/10

Le allenze con la destra? O erano con la sinistra? Non ce sto a capire più niente, signora mia!

Tutti a casa no?


Trascrizione di una conversazione avvenuta in un circolo del Partito Democratico all’indomani del voto di fiducia. Al dialogo partecipano un iscritto storico del PD, un simpatizzante di sinistra (che aveva votato PD alle precedenti politiche) e una fonte confidenziale  (denominata strictly confidential) che è a conoscenza di notizie segretissime sul PD.





Strictly Confidential:                     Pigi dice: abbiamo parlamentarizzato.
Iscritto Pd:                                     Capito? Ma è una bomba! Così ci si muove, responsabilità e tattica!
Simpatizzante di sinistra:           Scusa? E che vuol dire parlamentarizzato?  Quando parli così tecnico non ti capisco e mi viene persino simpatia per il Berlusca e per l’Umberto, che dicono cose facili e chiare, anche se parecchi populiste!
Iscritto:                                               Ma che dici, ignorante! PAR-LA-MEN-TA-RIZ-ZA-RE. Più chiaro di così ! Abbiamo costretto la destra a portare la propria crisi in parlamento. Così hanno dovuto renderla evidente agli italiani, con gli esiti che si sono visti.
Simpatizzante:                                 Sarà! Ma io mica ho capito bene che avete fatto, voi del PD, in questi mesi. Cioè io vi sentivo dire che si doveva fare alleanze a destra e sinistra (meglio a destra) ma il vostro programma alternativo per il governo non riuscivo a trovarlo da nessuna parte.
Strictly Confidential:                     Baffino ha detto: governo d’emergenza nazionale. Per superare la crisi di sistema che siamo attraversando, politica ed economica. Un governo con UDC , FLI, IDV, LEGA e anche PDL se ci sta.
Simpatizzante:                                 Vedi? L’aveva detto Baffino, che lui ci stava con tutti, ma proprio tutti, per proporre una alternativa al Tappo di Arcore. E mi ricordo che sta storia mi sembrava quella del marito che si taglia gli zebedei per di fare dispetto alla moglie… Ma dico io, allearsi con gli ex fascisti? E con il Pierdi baciapile? E criticare sempre il Niki del Tacco e fargli le imboscate? E no, non mi stava bene,  e poi vedi il risultato!
Iscritto:                                               Ma non capisci? La politica è TATTICA! E’ come una regata velica, bisogna avere un tattico nel pozzetto che capisca il vento, lo senta, lo preveda. E faccia fare al partito le scelte giuste. Che sappia capire dove vanno gli umori del paese! E baffino di vela se ne intende…
Simpatizzante:                                 Ah dici? Certo devi avere ragione, dato che tu in politica ci stai da anni. Eppure a me piace chi mi racconta cosa farebbe in Italia se fosse al governo, chi mi offre una speranza di cambiamento, chi mi dimostra che è disinteressato nel fare politica. E chi mi spiega chiaramente da che parte sta, e non che un giorno è di sinistra e l’altro sembra sputato un  democristiano. E mi piace anche chi è nuovo alla politica, perché sono stanco delle solite facce, che sarà un ragionamento populista, ma mi torna sempre in mente.
Strictly Confidential:                     Baffino ha detto: i giovani devono  studiare, come facevamo noi alla loro età. E Pigi ha ribadito: "occorre selezionare una nuova classe dirigente, mettendola alla prova, e vedere se sono abili e capaci.. Serve gente capace, che pensi con la propria testa e che non se lo dica da sè ma se lo senta dire dagli altri".
Iscritto:                                               Ha sentito, testa d’uovo? Basta con questo problema del rinnovamento, dei giovani, sono tutti pretesti. Guarda che ci sono mancati tre voti, dico tre, e lo mandavamo a casa il malefico Tappo! E questo mica grazie al tuo amico Renzo o al Niki di Tacco!! E quell’esaltato del  Dipi alla fine gli ha regalato due traditori! La quasi vittoria è stata merito del Pigi, e anche di Baffino!
Simpatizzante:                                 Sarà! Eppure mi sembrava che quelli, i giovani, l’accordo con Fini non lo volevano fare. Dicevano che a loro sembrava sbagliato avvicinarsi così tanto alla “zona gianfranca” e che era meglio lo schema di sinistra. E mi piaceva pure quella convinzione che avevano di proporre le elezioni, nel caso di crisi di governo. Ché mi dava l’idea che avessero coraggio, e credessero, per una volta, di poter vincere con una proposta di centro sinistra. Cioè mi sembrava che sti giovanotti alla fine si fidassero più degli italiani, che dei parlamentari! Al contrario del Pigi e del Baffino.
strictly confidential:                      Rosy ha detto: c’è il problema della legge elettorale, il premio di maggioranza che manda all’opposizione la maggioranza degli italiani. E la questione della mancanza di preferenze!
Iscritto:                                               Vedi? La nostra classe dirigente non aveva certo paura del voto! Ma che te lo dico a fare? Era senso di responsabilità, per cercare una intesa per cambiare la legge elettorale. Senza dimenticare le prerogative del capo dello stato, di dare mandato per formare un nuovo governo …
Simpatizzante:                                 Ah, ‘sta cosa delle prerogative lasciala stare, per piacere. C’avrete anche ragione, però a me i cambi in corsa non mi piacciono. E finisco che do ragione al Nano, maledizione, quando dice che a governare deve andarci chi è stato scelto alle elezioni (con tanto di nome sulla scheda) e che diversamente si va ad elezioni. Sembra quasi che la sinistra moderata non si fidi della fantomatica “gente”, quando propone governi di transizioni. Sembra, ma non sarà sicuramente vero, che i dirigenti del Pd c’abbiano una grande paura del voto, e questa mi sembra una cosa poco, passami il termine, democratica. E poi se avevamo tanti maestri della tattica nel nostro partito, una soluzione c’era …
Iscritto:                                               Soluzione a cosa?
Simpatizzante:                                 Per la legge elettorale! Bastava che i vostri tattici andassero ad allearsi in coalizione elettorale con il terzo polo, con il Pierdi  e il Rotella e ed ecco che si prendeva il premio di maggioranza. E per le preferenze, bastavano le primarie per tutti i candidati a camera e senato!
Strictly Confidential:                     Pierdi dice: siamo pronti a presentare agli italiani una proposta di governo alternativa al Pdl e al Pd".
Simpatizzante:                                 Lo vedi? Siete andati al seguito dei transfughi del centro destra, i gemelli diversi, e  adesso loro vi scaricano. Niente governo con noi, niente accordi futuri e magari il Pierdi allarga pure il governo al Berlusca. Dite che non bisogna fare gli idealisti, ma poi non riuscite manco a fare i realisti!
Iscritto:                                               Ma che dici? Il governo è praticamente battuto, ormai non ha più di qualche mese di vita. Con tre voti di sostegno è una vittoria di Pirro. E poi il nostro obiettivo adesso è proporci come forza alternativa di governo.
Strictly Confidential:                     Letto Enrico dice : "Dobbiamo proseguire sulla linea del rapporto con Fini e Casini".
Iscritto:                                               Ma lascia stare che quella di Letta  è roba di ieri, prima del voto di fiducia! Adesso pensiamo a mandare sotto il governo e spediamoli a casa prima della primavera.
Strictly Confidential:                     Il Tappo dice: Avanti con il governo finché sarà possibile e quando non lo sarà più con molto entusiasmo mi butterò anch'io in campagna elettorale.
Simpatizzante                                  Vedi, io non lo capisco, qual è il risultato che abbiamo conseguito, come PD. Abbiamo detto che ritenevamo pericolose le elezioni, per il paese, e probabilmente a marzo si faranno ugualmente. Ci siamo avvicinati al Tortellino e a Piedi, e questi dicono chiaramente che non ci vogliono. Si dice che è una vittoria di Pirro…
Iscritto                                                 Già di Pirro. Proprio così! Cosa vuoi che siano tre ridicoli voti! Li mandiamo a casa! A casa! Vergogna! Loro e la compravendita di parlamentari!
Simpatizzante                                  Oh madre mia! Ho la testa in giostra! Ma giusto l’altro giorno non mi dicevi che era finito il berlusconismo? E qualche anno fa mi dicevi la stessa cosa? Eppure quello ha quasi sempre vinto le elezioni. Dicevate che non rappresentava più il paese, che il vento era cambiato e quello vinceva amministrative, europee, politiche … Non è che i vostri tattici sono confusi?
Strictly confidential              Nel 2008 Baffino ha sentenziato,:"Tra Berlusconi e il paese idillio finito”; Nel 2009 Pigi aveva confermato: “Berlusconi è finito, è all’imbrunire ed è ora che noi tutti andiamo al riassunto di questo ciclo e anche per chi ci ha creduto è ora di guardare oltre”;  e nel 2006 lo Smilzo aveva profetizzato: “Il tempo di Berlusconi è finito.”
Simpatizzante                        Capisci? E se solo avessi più memoria, potrei risalire indietro fino a 10 anni fa. E’ sempre sul punto della fine per voi,il Tappo. E il berlusconismo. E mi dite di pazientare, di capire la gravità del momento, di non criticare, di mandare giù i peggiori rospi. E che dopo, dopo la vittoria contro il Tappo, verrà il momento di rinnovare, di fare veri programmi, di fare la vera sinistra, di occuparsi dei temi etici, dell’eguaglianza sociale e così via. Ma sono decenni, capite, decenni che mi chiedete di aspettare! E io mi sono rotto i coglioni, tanto per dirla chiara.
Iscritto                                   Ma la linea è quella giusta, davvero. Questa volta mi devi credere. Manca poco e cade. Basta aspettare ancora un poco. Un poco di pazienza e vedrai. Adesso però non possiamo mollare, dobbiamo rinserrare le fila e tenere la barra a dritta. E’ nostro dovere!
Simpatizzante                        Il dovere sarà il tuo, magari. E magari sarà quello di dire ai tuoi elettori che “parlamentarizzare” non voleva dire un bel nulla e che era pure una mossa sbagliata, visto com’è andata. E che magari reggere il moccolo a Tortellino, è stata una cazzata, visto che non ne azzecca una da vent’anni e visto che è di destra fino al midollo. E magari dovresti anche dire che c’è da cambiare il tattico, visto che non azzecca mai dove tira il vento.
 Strictly confidential             14 dicembre 2010 Pigi dichiara: “Grazie a noi la maggioranza non c'è più ci siamo mossi bene, l'opposizione si è allargata". Sempre Pigi ribadisce: “Chi pensa al voto è un irresponsabile … Ci vuole un governo di transizione…
Simpatizzante                               Allora mi volete a tutti i costi fare incazzare? No dico, non avete fatto nessun errore, la linea era perfetta e va mantenuta così? E allora, com’è che il Nano è ancora in carica? E com’è che noi siamo al 25% nei sondaggi contro il 33% del passato? E com’è che rimanete sempre gli stessi a comandare la baracca, anche se non ne imbroccate una? E com’è che manco posso sognare di battere il centro destra con democratiche elezioni? E com’è che non posso manco volere un programma di sinistra?
Iscritto                                   Ma no, dove vai, vieni qui. Ma dove vuoi andare? Ma che è colpa nostra se i parlamentari non capiscono qual è il bene del paese, e cioè che noi della sinistra, diciamo sinistra storica, si governi? E che è colpa nostra se questi italiani sono così idioti che non capiscono che il Nano è finito? E che è colpa nostra se i nostri elettori non capiscono che noi siamo la migliore classe dirigente del PD che ci sia? E che è colpa nostra se la gente non capisce la bellezza delle alleanze con la destra?
Simpatizzante                        Ma ascolta, ma voi il dubbio di essere nel torto, mai? E dove trovate il coraggio di continuare a guidare il partito? E mantenere la vostra linea senza dialogare con nessuno?
Iscritto                                   Ma come? Ma non lo sai? Noi abbiamo stravinto il congresso, capisci? E chi vince il congresso come abbiamo fatto noi, ha un mandato a governare fino alla fine del mandato. E di dettare la linea. E bisogna che la gente e gli iscritti imparino a rispettare il voto del congresso. Che la smettano di criticare e aspettino il loro turno. E che si fidino di noi! E che la finiscano con controproposte, suggerimenti, movimenti, nuove leader, primarie, giovani rampanti  e quant’altro altro! Basta anche con le idee, perdio. Le idee sono sovversive, se non utilizzate con cautela!
Simpatizzante                                  Ah ho capito. Vi ha legittimati il congresso. Quella roba con le tessere. Ecco. Ora ho capito quasi tutti, di voi! E dite che perciò non volete più sentire  critiche. E avanti con Tortellino. E magari volete anche rivedere il sistema delle primarie. E date anche appena potete un bel colpo sulla testa a Niki, che stia buono e un altro a  DiPi. E lanciate gli abbasso a Renzo e gli abbasso anche a Ciwa, che aspettino il loro turno nei prossimi decenni. Ah bene. Ora ho le idee chiare. Ora sono davvero tranquillo!
Iscritto                                                 Ma  dov’è che vai? Ma fermati! Ma dai! Ma torna qui! Ma dai, che mi serve gente per la manifestazione! Ma su, ma ripensaci! Ma dai! Ma mettimi almeno una crocetta! Un voticino ancora, ti prego. Poi ti lascio stare! E’ l’ultima volta che ti frego, giuro. Daiiii! Ancora una campagna elettorale almeno! Ma uffa. Guarda che adesso chiamo Pigi e Baffino e ti faccio mettere la nota sul registro! Torna qui o sei fuori. Fuoriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!

10/12/10

Har-Mageddon della politica italiana?

Qualche sera fa, il 6 dicembre 2010, c’è stato un dibattito sulla crisi di governo al circolo del PD di Acqui Terme a cui sono iscritto. Hanno parlato, tra gli altri, il deputato Fiorio e il segretario provinciale alessandrino Borioli. Ottimi e  qualificati interventi, per spiegare le ragioni della crisi politica e per discutere le possibili soluzioni che il PD intende proporre. Soluzioni che comprendono anche una eventuale, e non facilmente digeribile, alleanza con Futuro e Libertà e UDC per un  governo d’emergenza nazionale (possibilità che personalmente mi lascia molto freddo). La crisi del centrodestra è stata interpretata, quasi all’unisono, come la fine del berlusconismo, che trascina con sé nel crollo il mito dell’ ”uomo proprietario”, inteso come archetipo  dell’individuo impegnato ad accumulare ricchezze e disponibile a  forzare le regole e le leggi pur di conseguire i propri  obiettivi. Si è anche detto, in modi più o meno espliciti, che nel nostro partito non è tempo di eccessive discussioni e di autoanalisi, perché occorre stringerci a coorte per questa (ennesima) Armageddon politica, dopo la quale tutte le cose saranno nuove, sotto il cielo della politica italiana.
Personalmente ho speso qualche parola per offrire una mia prospettiva di lettura, forse non troppo popolare perché autocritica verso il Pd, ma giustificata dalla grandi aspettative che nutro verso il partito. Inoltre devo ammettere che da elettore e attivista di sinistra sono stanco di reiterare la litania dell’antiberlusconismo, della lotta contro il male assoluto, della demonizzazione del nemico. Mi sembra una politica “contro” sterile (e speculare ai due schieramenti), che impedisce di vedere le ragioni altrui - che non sono le ragioni di Berlusconi ma dei suoi milioni di elettori - che perpetua una divisione ontologica e ideologica tra italiani, tacitando ogni possibilità dialettica perché qui stanno i buoni e là i cattivi e che talvolta sembra predisposta ad arte per tacitare le difficoltà  di elaborazione politica e culturale del PD: una contrapposizione che, particolare non secondario, ci ha spesso portato  alla sconfitta da vent’anni a questa parte.      
A mio parere più che di una crisi del berlusconismo siamo di fronte ad una crisi del  sistema politico complessivo, comprovata da tre dati: il primo è che mentre la maggioranza vive la sua crisi peggiore, il PD non cresce, anzi arretra, perdendo otto punti percentuali (dal 33% delle elezioni politiche del 2008  con Veltroni segretario al 25% dei sondaggi attuali); il secondo è che la fiducia degli italiani nei partiti è inferiore  al 9%, un dato catastrofico; il terzo è che gli astenuti sembrano in aumento e tale incremento ci penalizza, come dimostrano le recenti elezioni regionali.
Se è vero che come PD siamo parte integrante della crisi e non semplici spettatori, dobbiamo chiederci necessariamente quali sono i nostri errori e come possiamo correggerli. Un’interrogazione a mio parere necessaria perché al ritmo di quattro - cinque punti in meno l’anno, nel volgere di un paio di stagioni rischiamo di ridurci ad un partito collocato tra il 10% e il 15%, ponendo fine, definitivamente, non solo ad una vocazione maggioritaria, ma anche al ruolo di principale forza di opposizione del paese. Devo però constatare che questa mia domanda ieri sera non ha trovato grande ascolto, perché ( forse a ragione) è stata considerata poco influente, ritenendo che la nostra crisi di consenso sia un fatto marginale rispetto alle vicende dirompenti che lacerano il centrodestra e rispetto ai problemi economici e sociali che vive il paese. Malgrado ciò, resto con i miei dubbi, e li riformulo chiedendo aiuto a chi voglia collaborare a chiarirmeli, anche (e soprattutto) tra chi era presente ieri sera.  
Le domande insolute restano per me le seguenti:

1)  il PD è effettivamente coinvolto nella crisi del sistema politico italiano? E , se si, perché non ha avuto la capacità di rappresentare una valida alternativa?
2) Quali proposte può attivare il PD uscire da questo calo di consensi e riproporsi come forza innovatrice capace di guidare una nuova maggioranza?

Sperando nelle risposte di molti amici, ripropongo due risposte che ho suggerito ieri sera, che certo non possono essere che parziali rispetto alla vastità delle domande.

a) Gli italiani detestano i partiti e sono sfiduciati perché hanno in odio la partitocrazia, che porta nella sua scia il clientelarismo e la giustificazione del familismo amorale. In questo paese per lavorare, per trovare occupazione, per sbrigare una pratica, per avere un sostegno, vincere un bando, ottenere un finanziamento, si deve ricorrere costantemente all’aiuto, alla spintarella, alla conoscenza. Gli italiani, detto garbatamente, si sono stufati di questa situazione, sia quelli che partecipano al “gioco” sia quelli che faticosamente e meritoriamente, ne stanno fuori. I partiti e la loro ingerenza tentacolare sono molto spesso vissuti come una condanna, come un croce che il paese deve portate, come un limite all’emergere del merito e della competitività, come un freno alla voglia di fare, come il grande fardello dell’economia e dello sviluppo italiano. E infatti i cittadini perdono progressivamente fiducia anche nelle istituzioni e nello stato, verso i quali i partiti rappresentano i naturali, ma inefficaci, mediatori.  Il successo ventennale di Berlusconi e Bossi si inquadra anche (se non soprattutto) in una semplificata e demagogica concezione anti-politica, nella capacità di presentarsi come anti-burocrazia e anti – stato: un successo che è riduttivo e auto -consolatorio inquadrare come frutto esclusivo della forza mediatica del cavaliere. Ma mentre la destra fallisce in questo disegno di marcare una diversità e si rivela dominata dal clientelismo, la sinistra moderata non riesce a presentarsi come valida alternativa.
Quello che è manca ed è mancato, a mio parere, è la capacità della sinistra di affrancarsi radicalmente dal clientelarismo, di fare una battaglia radicale su questo tema, di porre (o meglio riproporre) con nettezza la questione morale al centro del proprio dibattito. Il dopo tangentopoli, dal quale siamo rimasti abbastanza immuni per diversi motivi, non ha visto una adeguata riflessione sul tema e la classe dirigente del PD ( pur provenendo a larga maggioranza dai partiti della prima Repubblica) ha fatto finta che il problema non esistesse. Anche oggi tra diversi nostri dirigenti (più o meno rilevanti) avverto confusione tra azione politica e utilizzo del potere, tanto che aiutare gli “amici” o la “gente” - agevolandone le pratiche, perorando la causa presso la P.A, dando una mano a trovare lavoro o offrendone uno - è considerato un atto meritorio, di cui i più ingenui o disinvolti si fanno pure vanto pubblicamente.  E questo senza rendersi conto, o rendendosene conto furbescamente, che aiutare una determinata persona  o un gruppo di amici (e non una categoria, una classe sociale o meglio i cittadini tutti) significa istaurare una relazione di tipo clientelare, dove qualcuno fornisce impropriamente aiuto e protezione e qualcun altro invece viene aiutato (in modo improprio a sua volta) contraccambiando con il voto e la fedeltà. Un sistema feudale che non è necessariamente illegale ma che personalmente detesto e trovo moralmente indecoroso, ma che spesso all’interno dei partiti è considerato naturale e viene legittimato (anche assegnando incarichi di comando a chi, di tale relazione di presunto aiuto, si fa garante). Un sistema che da una parte apporta certo dei voti - che diventano la merce di scambio, la moneta con cui ripagare i favori - ma dall’altra genera insoddisfazione e odio verso i partiti, esattamente come fa la relazione servo - padrone.  Un sistema  intollerabile che presuppone un senso di superiorità del “potente” di turno verso il debole, o che comunque porta ad un governo di parte, in cui vengono privilegiati i propri sostenitori a discapito di chi non ti ha votato: un sistema che trovo tanto più  inaccettabile per una forza politica di sinistra che dovrebbe avere  come valore fondante l’uguaglianza. Ma la questione morale sembra essere passata di moda nei partiti e nel PD, che vedo spesso tollerare tali situazioni. Il che mi suscita una serie di domande, che qui elenco confusamente e che non trovano una risposta:  
Perché questo silenzio e connivenza? E quanto ci costa, tale silenzio, in termini di popolarità e credibilità? E quanto costa al sistema - paese? Dove finisce il sogno di una Italia diversa, liberata da secoli di clientelarismo? Perché non riusciamo a proporre con convinzione e coerenza il progetto di un Italia capace di premiare merito e competitività? Perché non sappiamo farci promotori di una rivoluzione liberale, che è sempre mancata nel nostro paese, schiacciato storicamente dai comunitarismi cattolico e comunista, che sono degenerati nel consociativismo e nel corporativismo? Perché non mettiamo al centro del nostro progetto politico una riforma  socialista e liberale come quella profetizzata da Rosselli, in cui il bisogno di protezione sociale non entri in conflitto con le esigenze di valorizzazione delle capacità e dell’impegno? Perché non affranchiamo i giovani dal bisogno di padri e padrini e di famiglie e li rendiamo liberi di scegliere i propri destini?

b) Il secondo problema è quello della casta. Certo, si tratta di un tema populista, ma che esiste nell’opinione pubblica e non possiamo trascurare. E che probabilmente esiste in modo così sentito nell’opinione pubblica perché i partiti, come detto precedentemente, agiscono spesso più come gruppi di potere che come soggetti politici, non proponendo soluzioni strutturali alla società e ai cittadini tutti ma offrendo “protezione” ai propri simpatizzanti. Indubbiamente il Partito Democratico in cui milito è composto nella stragrande maggioranza di simpatizzanti e iscritti che mettono gratuitamente e generosamente il loro tempo a disposizione del partito e questo ho modo di constatarlo quotidianamente nella vita del mio circolo. E tuttavia le classi dirigenti danno,  a volte,  l’impressione di prendere sottogamba il problema quando si pone, non agendo con chiarezza per isolare e contrastare quei soggetti che fanno politica per proprio tornaconto personale (che è cosa assai diversa dalla legittima ambizione). La politica delle poltrone e delle prebende e degli incarichi pervade ancora troppo la vita dei partiti e rende faticoso lo sviluppo di un dibattito franco, libero. Perché quando dietro ad una discussione ci sono interessi personali il bene pubblico e il bene del partito diventano soltanto ostacoli da superare per raggiungere i propri obiettivi o meri pretesti su cui costruire proprie fortune. Su questo problema della casta e degli utili idioti che vengono utilizzati per rafforzarla  mi sarei aspettato una posizione più netta del Partito Democratico. Anzi era uno di quei presupposti che mi hanno spinto ad iscriverti al PD perché il modello di partito uscito dal Lingotto era molto diverso dai partiti tradizionali, proprio in virtù della sua apertura verso l’esterno. Perché la “casta” si può superare, se ci mettiamo d’impegno. E’ possibile in primo luogo se si mantiene il partito democratico un partito aperto, un partito “wiki”, un partito che sia in dialogo e osmotico con la società civile. Più il partito si rinserra su di sé e i propri iscritti, più rischia di consolidare una classe dirigente che tende all’autoconservazione dei propri privilegi. Il pericolo “casta” si supera anche affermando in modo inequivocabile che la politica è un servizio e non un mestiere e che quindi il potere e gli incarichi hanno carattere transitorio. La “casta” si supera inoltre promuovendo veri meccanismi democratici di competizione per le cariche elettive e per gli incarichi di partito. Le primarie sono la più importante risorsa democratica del Pd e il loro uso, invece che essere messo in discussione, dovrebbe essere rafforzato,anche per liberare nuove energie vitali del Partito e accrescere la voglia di partecipazione. Come proposto recentemente da alcuni delegati lombardi, si dovrebbero utilizzare ovunque le primarie per scegliere anche i candidati alle prossime elezioni politiche nazionali. E, sempre per evitare il fossilizzarsi della classe dirigente, si dovrebbe rispettare categoricamente lo statuto del PD , che prevedere un massimo di tre incarichi per Camera e Senato. Infine, per rafforzare il peso della base rispetto alle elite dirigenti, si dovrebbe ricorrere con maggiore frequenza all’uso delle “doparie” ovvero i referendum tra gli iscritti su questioni cruciali e controverse della vita politica del partito e del paese.

Qui chiudo con la mia analisi e le mie, parziali, proposte. E resto in ascolto dei vostri commenti e delle vostre proposte. Perché credo che l’essenza del PD sia quella di un partito partecipato e aperto alla discussione.



02/12/10

Italiani: neoprimitivi rozzi e cibernetici?



E’ un po’ come se usassimo lo Space Shuttle per un viaggio da Roma a Milano. Oppure come se mettessimo una Ferrari nelle mani di un neopatentato. Insomma, un potenziale tecnologico enorme che viene sottoutilizzato. Questa è l’impressione che si ricava scorrendo le 10 voci più ricercate del 2010 sui motori di ricerca (in italiano) di Google e di Yahoo. Perché se è vero che internet è il più straordinario fornitore di notizie e saperi della storia, l’utilizzo di massa che ne viene fatto quest’anno in Italia è lo specchio di un paese beatamente frivolo, fondamentalmente ignorante, notevolmente superstizioso e che coltiva i suoi vizi con quotidiana perseveranza.
Un paese sempre più fieramente accartocciato su se stesso, visto che tra le prime dieci parole più ricercate non ne compare una che riguardi i grandi avvenimenti internazionali, di carattere politico, sociale o culturale del 2010. Non compaiono, tanto per dire, il terremoto di Haiti, la marea nera nel Golfo del Messico, le elezioni di mid term o la riforma sanitaria degli Usa, il ritiro delle truppe dall’Iraq, le elezioni in Afghanistan, le proteste per il voto in Iran e neppure un avvenimento sportivo universalmente noto come i mondiali di calcio in Sud Africa. Di internazionale non c’è un bel nulla tra gli argomenti cercati, a meno che non si debba considerare come tale la ricerca “ Rodriguez” (6° posto nella classifica di Yahoo), a conferma del potere perverso non tanto della bellezza quanto del pettegolezzo.
Ma mettiamo pure che l’assenza dei grandi eventi internazionali sia dovuta alla volatilità delle notizie, al loro incalzante susseguirsi che ne impedisce il sedimentarsi. Allora, immaginiamo, andrà meglio con quegli strumenti messi a disposizione dalla rete per accrescere la propria cultura e informazione, da Wikipedia ai principali siti giornalistici, dalle pagine interattive dei grandi musei a quelli delle grandi biblioteche, ecc… Ma anche qui dobbiamo constatare amaramente un fallimento, perché tra i primi dieci non solo non compare il sito Wikileaks o Google Earth ma neppure, ed è davvero clamoroso, l’utopia realizzata di Jimmy Wales. No, come strumenti di conoscenza gli italiani hanno scelto di usare principalmente le “previsioni meteo” o il “meteo” , (entrambe posizionate al posto n°8 sui due motori) e si sono fatti coadiuvare nelle loro scelte esistenziali dai “tarocchi” ( 10° yahoo) e dall’ “oroscopo” (3° yahoo). Per correttezza dobbiamo dire che almeno un generico “mappe” (9° posto yahoo) compare, facendo immaginare ai più benevoli interpreti un rinnovato interesse italico per la geografica, a cui tuttavia gli insani critici replicano ipotizzando semplici ricerche di indicazioni stradali. Tra gli strumenti del sapere più digitati si annovera anche la parola “google” ma viene da chiedersi quanti milioni di geni ci sono in Italia che cercano la parola “google” proprio su google (e devo essere tanti, dato che  è al 7° posto).  Strumento di condivisione di informazioni potrebbe essere pure “streaming” (9° su google) a cui associare obbligatoriamente lo straripante “youtube” che si piazza secondo nella classifica annuale di google. E mentre con “streaming” l’associazione va immediatamente a tentativi di visionare di straforo film o eventi sportivi– “aggratis”per capirci- “youtube” qualche speranza la concede, dato che (seppure raramente) qualche video di informazione scala la classifica dei più visti ( e pur essendo spesso un riciclo della televisione).
Per quanto riguarda le cose di casa- visto che i dati sono relativi all’Italia – non c’è modo di trovare in vetta neppure un evento di un qualche interesse. Non si cercano “ 150 unità”, non “Pompei”, non “crisi economica”, non “Fiat” o “Pomigliano”, non “lavoro”, non “l’Aquila”, non “euro”, non “rifiuti”, non “Napoli”. E neppure “Italia”.  Latitano anche i leader politici, da “Grillo” – il re della rete- a “Di Pietro”, da “Bersani” a “Casini” e neppure “Fini” e “Vendola”, che la rete stanno imparando a sfruttarla. E, sacrilegio dei sacrilegi, nemmenoBerlusconi” compare tra i primi dieci ricercati. E allora, quali sono gli argomenti italici su cui più si interrogano e si struggono i connazionali internauti? Cosa va oltre la politica, la cronaca e le problematiche quotidiane? Il nostro senso civico e la nostra curiosità intellettuale ci porta ad informarci appassionatamente di “Calciomercato” (7° su yahoo), che non è neppure uno sport ma un mero chiacchiericcio sul calcio. E in un crescendo di impeto culturale in quinta posizione (su yahoo) si colloca il “grande fratello”, finto spaccato televisivo di sociologia e antropologia italica, i cui concorrenti parlano lievemente o incazzosamente del nulla per mesi interi. Ma l’apoteosi dell’interesse, la questione delle questioni italiche per il 2010 è qualcosa di ancora più sconvolgente: gli italiani infatti si interrogano all’unisono sul significato del “superenalotto”, che si colloca in quarta posizione su yahoo e che conferma la sete di sapere che tutti ci anima. O la nostra irriducibile speranza nello stellone, che rovina le nostre vite.
Ma si sa, storicamente gli italiani sono un popolo che ama la bella vita e questo è il presupposto per immaginare  che nelle ricerche un posto di rilievo l’abbiano “viaggi”e “vacanze”, oppure “monumenti”e  “arte” o, alla peggio, “vino” e “cucina”. E invece gli italici internauti se la godono cercando la parola “giochi” che occupa la sesta posizione su google e la seconda su yahoo: il che offre il quadro di quanto sia diffuso l’infantilismo giocherellone in questo paese.
A guardare la classifica, non tutto però è perduto, perché in entrambi i motori primeggia l’incontenibile marchio di faccialibro. “Facebook” è il most wanted italiano, a cui si associa il più dettagliato “facebook login” al quinto posto su google. E, vivaddio, si tratta di una notizia confortante, perché dimostra che la socialità e la condivisione sono ancora fatti importanti, in questo strambo paese. E a confermarlo è anche la presenza (10° posto su google) di "libero mail", unico sito di posta elettronica nelle prime posizioni. Confortante, certo, questa voglia di comunicare, ma anche un poco deprimente, se messa in relazione con gli altri primi 20 risultati: di cosa infatti parleranno questi milioni di utenti di faccialibro, vista la qualità (molto bassa) dei loro interessi internautici?
Restano ancora su google due posti vuoti, al terzo e quarto posto: ricerche enigmatiche che spingono ad interrogarsi. La medaglia di legno è occupata da “you”. “You” cosa, vi chiederete. “You” e basta, che milioni di italiani cercano disperatamente. E qui è facile dire che la ricerca era da associare a “you tube” e probabilmente è così, visti i risultati che si ottengono digitando su google.
Ma a noi piace, talvolta, pensare diversamente. E vogliamo credere che quel “you” sia contemporaneamente la ricerca dell’altro (di un "tu" che sempre si attende) ma anche  la ricerca di se stessi  (quel "tu" che sono io)  e che costituisca anche la ricerca di una dimensione internazionale del vivere e dello stare al mondo, che passa necessariamente attraverso la lingua inglese.
E anche quel "libero" sul gradino più basso del podio lo vorremmo interpretare con fantasia. Perché è altamente probabile che la ricerca si riferisca al famoso sito generalista italiano, ma noi vorremmo osare l’impossibile.
Vogliamo sognare ad occhi aperti che gli italiani ricerchino l’aggettivo “liberoper scoprire in quante declinazioni e in quanti modi e in quante forme si può realizzare la libertà. E che scoprano quotidianamente e con rinnovata sorpresa che la strada maestra per essere e diventare “libero” è quella tracciata dalla curiosità e dalla conoscenza.