22/11/10

PD: Back to the future!




















Non è più il tempo per conservare. Se ne sono accorti anche a destra, come spiega Irene Tinagli:
   David Cameron sorprende ancora con la scelta del nuovo «guru» che lo aiuti a mettere a punto una nuova visione della società e dell’Inghilterra. Cameron ha infatti convocato Richard Florida, professore all’Università di Toronto, uno dei nomi più noti in materia di innovazione, creatività e sviluppo regionale. Per chi conosce il lavoro di Florida la sorpresa è più che comprensibile: la sua fama infatti è legata alle sue idee sulle società creative, multiculturali, aperte alle diversità di religione, cultura, orientamento sessuale e anche alle sue battaglie spesso in controtendenza.
In Italia la destra maggioritaria (PDL e Lega) appare molto distante e in controtendenza, impegnata a farci riscopire il (dis)valore della razza, il (dis)prezzo della cultura, il (dis)amore per la vita a tutti i costi, il (dis)piacere per le donne. E, restando a destra, i futuribili finiani dovranno darsi molto da fare per compensare il tanto che debbono farsi perdonare.
E che si dice, a sinistra? Quanto è disponibile ad innovare, la sinistra parlamentare? Spesso si ha l'impressione che la maggioranza del PD sia convintamente assestata su posizioni conservatrici. Su alcuni punti, una posizione facile e persino giusta da tenere, in primo luogo sulla difesa della parte prima della Costituzione. Ma poi? Non parliamo di diritti civili, sui quali non solo abbiamo mancato occasioni importanti con Dico e Pacs, ma ora non abbiamo neppure il coraggio di pronunciarci in merito ai diritti di omosessuali e coppie di fatto, fatte salve le minoranze illuminate, come Concia o Scalfatorotto. Ma questi, si potrebbe obiettare (sbagliando!) sono temi minori e/o questioni di coscienza, che vanno oltre le "partizioni" di partito. Allora facciamo un esperimento e valutiamo le proposte sul lavoro, ché questo almeno sarà un tema centrale per un partito di centrosinistra e di questa Repubblica? E anche qui, ancora una volta, la maggioranza del Pd sembra volere conservare. Conservare i diritti dei lavoratori, che in questo paese, con questa economia reale significa una cosa sola: conservare i diritti di chi il lavoro l'ha già! Fregandosene dei precari, per i quali si dice che piano piano, alla soglia dei quaranta o dei cinquanta anni, una soluzione qualcun'altro (magari di destra) la troverà! Se questa ancora non basta, come indicazione di tendenza, parliamo di scuola e università. Bravi a difendere (e talvolta con ragione) i diritti degli studenti e degli insegnanti minacciati dai tagli "riformatori" della Gelmini. Ma idealmente condividiamo il pensiero dominante per il quale la scuola è luogo della competizione e della selezione sociale (ritorno agli anni  quaranta-cinquanta?) e non della formazione dei cittadini. E per l'università che proposte abbiamo mai fatto e soprattutto applicato per superare concretamente baroni e baronie, per migliorare didattica e qualità della ricerca? E quanto siamo terribilmente conservatori nella selezione della nostra classe dirigente- sempre gli stessi i nomi che contano da trent'anni a questa parte- e se per caso si chiede e si propone il rinnovamento,  si viene etichettati come ambiziosi, incompetenti e pure arroganti.
Il problema è la comodità del pensiero conservatore. Terribilmente, anzi mortalmente, rassicurante. Che garantisce (ipoteticamente) sulla tenuta dell'elettorato tradizionale, che si presuppone non ami il cambiamento. Che rende più sicuri e fermi i passi, perchè si muove su un percorso aperto da altri lungo i decenni. Che non richiede particolari elaborazioni perchè ci sono tutte le domande e anche tutte le risposte. Che consente di ripetere sempre le stesse liturgie e gli stessi rituali, esattamente come accade nella messa. Che privilegia il mondo degli adulti oltre over cinquanta e degli anziani, che alla fine sono la maggiornaza nel partito. 
Ma occorre dire che questa conservazione è la nostra droga. E' la droga che ottunde e non fa vedere che il mondo è cambiato, che non ci sono vecchie risposte per problemi nuovi. Perchè certamente possiamo continuare così, chiudere gli occhi e tapparci le orecchie e continuare a parlare dell'Italia di venti o anche dieci anni fa. Possiamo farlo, e possiamo continuare a pensare che la nostra crisi politica - il PD al 22-24% - sia solo un dato passeggero, che le cose andranno meglio senza dovere cambiare niente, anzi soltanto cambiando qualche alleanza. Possiamo raccontarci anche che agli elettori  non interessa se ci presentiamo sempre con le stesse facce, tanto in Italia la gerontocrazia e la concentrazione del potere sono un fatto normale. Sì, possiamo dire e fare così, esattamente come stiamo facendo, e possiamo continuare a perdere consenso e non avere strategie per il domani. Possiamo disporci al passato, invece che coniugarci al futuro. Possiamo, ma io non voglio farlo. Non mi interessa, come a molti altri che conosco. Essere di sinistra vuole dire essere dalla parte del progresso, della sfida, vuole dire volere dire sì al futuro, ai giovani, alle novità e alle diversità. Per questo ho detto sì a Prossima Fermata Italia e Andiamo Oltre. Perchè c'era un urgenza di superamento in tutt'e due i progetti. Perchè erano affermazioni di volontà di futuro e non abbraccio mortale del passato. Spero che il mio partito, il PD, voglia finalmente ritornare al futuro!.

11/11/10

Grisù, salvaci tu!

Sarà la musica che gira intorno, sarà la conclamata debolezza delle leadership nazionali, sarà il degrado della politica italiana, ma di questi tempi sembra proprio un drago, il Draghi. Il governatore aveva già guadagnato in simpatia facendo innervosire il tesoriere Giulio, pubblicando dati sulla disoccupazione che annuvolavano l'idilliaco paesaggio italiano dipinto dal governo B. Giusto qualche giorno fa si è poi conquistato una stelletta da "rottamatore" sostenendo la necessità di trovare rimedio allo stato permanente di precariato in cui vivono milioni di giovani italiani, e provocando in tal modo la risposta un pò piccata di Sacconi, perchè, suvvia, mica si può pretendere dal governo (questo governo poi!) che governi e trovi addirittura soluzioni politiche ad uno dei temi più scottanti del paese.
Ma non pago oggi il Draghi se ne esce con una letterina che spedisce ai fantastici 20 riuniti a Seul, nella sua qualità di presidente del Financial stability board. E che gli dice, il Draghi? Gli ne canta quattro, sempre con lo stile sobrio che lo contraddistingue. Ovvero dice che:

1. Ciascun paese si deve dotare di un apparato istituzionale che permetta la liquidazione di una banca a rilevanza sistemica (Sifi) senza che il sistema mondiale corra rischi molto gravi.
2. La possibilità di introdurre per le Sifi requisiti di capitale più severi;
3. Il potenziamento dei poteri delle autorità di vigilanza su queste istituzioni;
4. Lo scambio dei derivati dovrà avvenire su mercati regolamentati.       

Tradotto in linguaggio popolare il governatore nazionale ricorda ai 20 superpotenti che nulla è stato ancora fatto per riformare i mercati finanziari e per impedire il ripetersi delle crisi.  Ricorda che giustizia impone di trovare un modo per impedire che i signori della finanza mondiale diventino intoccabili e irresponsabili proprio perchè sono troppo potenti (c.f.r. punto 1). Ricorda che non vale sedersi al tavolo del poker finanziario senza soldi perchè se si perde tocca ai modesti cittadini saldare i debiti dei signori (c.f.r.punto 2). Ricorda che essere potenti non significa essere onnipotenti e che ci deveno essere parti terze a giudicare, perchè se il giudice è pagato dal giudicato si pone un problema di conflitto di interessi (c.f.r.punto 3). Ricorda che la creatività in finanza non è proprio sempre un bene e che inventarsi certi prodotti si chiama truffa e non genialità (c.f.r punto 4).
Tutto bello e giusto e proprio per questo ecco che ad un elettore di sinistra viene da  da pensare a Grisù. E cioè al fatto che la critica del sistema finanziario e la necessità della sua riforma debbano venire dal governatore della Banca d'Italia, esattamente come nel cartone animato è un drago che si preoccupa di spegnere gli incendi. Perchè, diciamolo, della crisi finanziaria e delle sue cause la sinistra nostrana (e il Pd in particolare) hanno parlato poco, quasi fossero preoccupate di vedersi appiccicata adosso, ancora una volta, l'etichetta comunista. E da sinistra scarseggiano anche le proposte di riforma dei mercati, considerando che la tassazione italiana delle rendite finanziarie  è decisamente più bassa di quelle tedesce e inglesi, che certo non sono paesi a vocazione comunista. Insomma il paese con il livello di tassazione tra i più alti d'Europa è timidissimo e liberalissimo quando si tratta di tassare le rendite, che viaggiano al 12,5 % invece che al solito 20%.  Atteggiamento che è a dir poco facile tacciare di classimo, di mancanza di liberalismo, di privilegio delle vite di rendita, ma che nel PD non suscita una particolare indignazione, così come non si sentono parole critiche contro la crescente finanziarizzazione dell'economia. Non che si tratti di riproporre una rivoluzione, o di tartassare i Bot delle vecchine, ma perchè non dire almeno una parola, perchè non fare almeno una proposta per quanto delicata e  riformista? Perchè non mettere assieme una proposta che tassi le transazioni finanziarie e equipari la tassa sulle rendite a quelle IVA? Perchè temere sempre di prendere una posizione? Perchè costringerci sempre a doverci rivolgere ad un papa straniero?    


10/11/10

Mentre lasciavo la Stazione Leopolda, che lentamente si svuotava dopo tre giorni di incontri, m’è venuto in mente il conclusivo verso “fiorentino” “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Perché la tre giorni di “Prossima Fermata Italia” è stata la fine di un piccolo, personale (ma forse anche collettivo) inferno: quello di un Partito Democratico ripiegato sui personalismi, verticistico, incapace di comunicare, ascoltare, emozionare. “Prossima Fermata: Italia” mi ha fatto invece scoprire un nuovo cielo politico sotto cui abitare, “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, restituendomi l’ammirazione per la bellezza dell’agire politico e il senso d’orgoglio d’appartenere ad un partito di sinistra.
Perché di stelle se ne sono scoperte tante in questi giorni fiorentini. Un firmamento di idee, alcune nuove, altre semplicemente oscurate o dimenticate, che centinaia di persone si sono presi carico di indicare. Cinque minuti ciascuno per accendere una luce nel cielo buio della politica attuale, cinque minuti ciascuno per indicare un pensiero brillante e luccicante, cinque minuti per segnalare un astro nascente ma anche una stella lontana e poco visibile. Idee come stelle, che durano il tempo dell’eterno, ma che nulla sarebbero senza gli uomini che le scoprono e le contemplano. Idee che si chiamano giustizia, coraggio, rivoluzione, diritto, merito, ambiente ( e tante altre ancora) e che sono il firmamento della buona politica, fiaccole perennemente accese contro il sonno della ragione, che genera mostri. Idee scoperte in ordine sparso, ad occhio nudo o con sofisticati telescopi, stelle che misteriosamente hanno cominciato a comporre una costellazione, a trovare una forma e che alla fine hanno tracciato un profilo, imprevisto e imprevedibile dagli stessi scopritori: è venuta fuori la più invisibile delle forme, l’anima del nostro partito, l’anima del PD. Un Partito Democratico che viene creato dall’azione quotidiana di ciascuno di noi - dalla nostra attenzione e dal nostro coraggio - ma che esiste solo raccordando insieme i gesti di tutti: un partito contemporaneamente individuale e collettivo, un partito che è individuo e comunità.
Ora ci aspetta ancora un tratto lungo di  duro cammino che tuttavia appare, finalmente, un percorso d’ascesa e non di discesa.  E in questi giorni abbiamo trovato le due stelle polari che ci guideranno nel viaggio:  Speranza e Bellezza, grazie ai quali potremmo superare ogni ostacolo che troveremo lungo il cammino. E, a proposito di viaggio, un grazie alle nostre “virgiliane” guide Giuseppe “Pippo” Civati e Matteo Renzi per come ci accompagnano in questa scoperta di una Prossima Italia.        

il caffè del professore



Parlando di chiacchiere e  caffè, è d'obbligo iniziare dal monologo di Eduardo tratto da "Questi fantasmi" perchè...  "a tutto rinuncierei tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell'oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato..."