03/04/12

Libero voto in libero Stato.




Parentopoli. A dirla in breve e con perfido gusto della provocazione giornalistica si potrebbero definire così le prossime elezioni amministrative nei piccoli e medi Comuni. Perchè a scorrere l'infinto elenco delle liste di candidati sindaci e relativi consiglieri, sembrano esserci più eleggibili che elettori. O più precisamente, ci sono molti Comuni in cui ogni candidato consigliere ha un potenziale di elettori che va dalle trenta alle cinquanta persone, al netto di un'astensione non ancora precisamente quantificabile ma presumibilmente consistente. Parentopoli, allora, perchè c'è un'alta possibilità che i consiglieri più votati siano quelli che possono contare su cerchie famigliari numerose, perchè il voto locale è molto basato sulla conoscenza personale, piuttosto che sulla "fede" politica. E questo rapporto diretto si potrebbe tradurre, anche con una certa logica, nel votare un parente candidato, che in qualche modo rappresenta una garanzia in tempi di sfiducia verso i partiti e la politica in genere.
Sarà che non "tengo parenti" nella città in cui mi candido, ma a me questa possibilità non piace un granchè. Pur sostenendo il valore della partecipazione, ritengo anche che per amministrare ci voglia un pò d'esperienza. Ciò non vuol dire aver per forza già ricoperto qualche ruolo politico- mi guardi iddio dal sostenere la necessità di mantenere l'ordine costituito e l'attuale classe dirigente- quanto piuttosto avere qualche competenza rispetto all'impegno che ci si vuole assumere. Come per ogni altra attività - che sia uno sport, un arte, un lavoro- bisogna avere un minimo di formazione prima d'arrivare a governare, sia pure un piccolo Comune. L'improvvisazione non paga, anzi a pagarla rischiano d'essere i cittadini. 
Credo che, ragionando per anologia, nessuno si farebbe operare da un parente infermiere o massaggiatore, piuttosto che da un medico la cui capacità è comprovata da esperienza e da un lungo percorso di formazione.
Per questo la mia proposta, interessatissima s'intende, è quella di provare a votare con tutt'altro criterio. D'affidarsi al merito e alla competenza, al programma che un candidato presenta, al suo curriculum precedente, a quanto ha fatto e sostenuto fino al giorno precedente. Non è forse vero, infatti, che in tanti (se non tutti) sosteniamo la necessità per l'Italia di uscire dalla logica del nepotismo e clientelismo (inteso in senso latino) e di iniziare a costruire una società meritocratica basata sull'impegno e sulle capacità.
Allora facciamo così, prima di votare: chiediamo al nostro parente cosa ne pensa di questo e di quest'altro problema cittadino, e di cosa ha fatto, prima di oggi, per provare a risolverlo. Se non ci convince, rivolgiamoci altrove. Perchè alla fine, almeno nel segreto del seggio, vorremmo votare chi ci pare, senza condizionamenti e pressioni? E allora, libero voto in libero Stato!




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