11/03/13

Per una riforma della struttura e della governance del PD

La riforma della struttura del partito e dei metodi di governance è un nodo cruciale che il Partito Democratico deve affrontare all'indomani della "non vittoria" elettorale. Una riforma resa ancora più urgente dal successo del "movimento" cinque stelle che si presenta come una forma nuova di organizzazione del consenso e della discussione.
Di questa riforma si discute da tempo nel PD ed è tornata d'attualità anche nella recente direzione nazionale. Il tema è stato riproposto da Civati che già in passato è stato ideatore e sostenitore di diverse iniziative per l'allargamento del consenso e la restituzione del potere di decisione ai tesserati e simpatizzanti: tra queste il lancio del format di Prossima Italia, le proposte per l'utilizzo delle consultazioni referendarie interne al partito e le primarie per i parlamentari. Dal canto suo Renzi ha scelto invece la strada del gesto eclatante e dirompente, abbandonando quasi immediatamente la direzione nazionale. Un gesto "massimalista", coerente con una campagna per le primarie condotta all'insegna della lotta contro l'attuale classe dirigente e contro l'elefantiasi dell'attuale struttura di partito.
Nell'ambito di questa ampia discussione, vorrei fare una sintetica riflessione sul ruolo e le funzioni che a mio avviso dovrebbe avere il futuro segretario del Pd.
In primo luogo si tratta di "trasformare" il segretario in "coordinatore". Il coordinatore è qui inteso come moderatore, organizzatore, facilitatore. Sceglie i tempi della discussione, precisa i termini del confronto, fa emergere attraverso il dialogo le diverse istanze. La linea politica viene decisa, attraverso la discussione e il voto a maggioranza, dagli organi assembleari. La fiducia al segretario viene data attraverso il consenso iniziale e tolta solo in presenza di un apposito voto di sfiducia. La responsabilità della linea politica è infatti in tal modo interamente condivisa con i gruppi dirigenti. Per funzionare questo sistema deve abrogare definitivamente il sistema delle correnti. Non essendoci una maggioranza precostituita, ma al contrario da ricercarsi volta per volta e tema per tema,  i rappresentanti degli organi assembleari non votano per logiche di appartenenza. Anzi, tanto più sono autonomi, propositivi, capaci di affermare con la persuasione la propria idea, tanto più potranno incidere nella vita del partito e conquistarsi una propria autorevolezza. Il coordinatore "trattiene" per se, ragionevolmente, la gestione degli affari quotidiani e decide la scaletta e le priorità delle discussioni. Alcuni temi, come ad esempio l'alleanza con il MS5, sono portati nell'ambito della direzione nazionale e lì discussi apertamente, senza pregiudizi e doppie morali e triplici tatticismi. Altri, come la riduzione delle spese militari, i matrimoni civili sono portati direttamente alle assemblee degli iscritti e fatti oggetto di referendum consultivi interni (le cosidette doparie).
Mi rendo conto che è solo un abbozzo. Spero però sia sufficiente per avviare una riflessione comune.

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