29/03/13

Di lealtà e fedeltà

Non confondiamo la lealtà con la fedeltà. Lealtà è stata sostenere Bersani dal giorno dopo le primarie sino ad oggi. Perché se stai in un partito democratico accetti le decisioni della maggioranza dei simpatizzanti. La lealtà è un concetto razionale, perché senza rispetto delle regole un partito non funziona, oppure non è un partito ma un pretesto per personalissime ambizioni. La lealtà è anche un concetto morale, di chi si assume dei doveri che spesso contrastano con i desideri. 
La fedeltà è invece è un sentimento acritico e come tale può essere rivolta a cose buone, ma anche a cose pessime. Per questo non mi sento vincolato ad alcuna fedeltà a Bersani e ora che il suo tentativo è fallito, credo sia doveroso criticarlo. Perché in politica alla fine il pensiero critico deve avere la meglio sui sentimenti. 
Bersani ha sbagliato, rovinosamente. Ha perso elezioni "imperdibili" in ogni senso. Le ha perse lui, perché era suo il nome, sua la responsabilità. E' naufragato in campagna elettorale, ripetendo in peggio i soliti errori di comunicazione e sottovalutazione degli avversari. Ha perso perché il suo progetto politico mancava di visione, coraggio e innovazione. Ha sbagliato anche in seguito, non dimettendosi il giorno dopo le elezioni. E qualcuno dovrà dirla questa cosa, perché non torneremo mai in sintonia con gli elettori se non ci abituiamo che quando perdi una elezione così hai solo la strada delle dimissioni immediate. E non facciamo i tattici e non facciamo i doppiogiochisti della morale: ovunque in Europa i leader che avessero preso una simile scoppola si sarebbero dimessi. Non dimettendosi e intestardendosi Bersani ha reso complicatissima la possibilità per il PD di formare un governo con un proprio uomo "d'area" che si sarebbe potuto presentare con proposte più chiare e come rappresentante della società civile: Boldrin e Grasso insegnano. Invece Bersani, indebolito e logorato  ha voluto ugualmente per se l'incarico esplorativo, offrendo un alibi al Movimento Cinque Stelle per non trattare e per maltrattarci, in nome della lotta alla kasta e alla partitocrazia. 
Spero che oggi sia la giornata di queste dimissioni. Non mi importa se non è il momento, se non sono tattiche, se al posto di Bersani ci sarà una reggenza di Letta, di Franceschini o di chissà chi ( che poi il vicepresidente è Scalfarotto..). Le dimissioni sono un gesto simbolico necessario per avviare immediatamente un percorso verso il congresso.
Ringrazio comunque Bersani, uomo onesto e segretario democratico, che ha accettato la sfida delle primarie. Spero resti a disposizione del partito. Ma non in primo piano. Se lo farà, lo stimerò ancora di più. 



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