11/01/11

Fiat, mancano le parole.



“All’inizio era la parola”, dice Giovanni. E questo vale anche per l’immanente e incombente caso Fiat. Le   vicende Pomigliano  e Mirafiori sono infatti questioni di linguaggio e comunicazione, prima di essere problemi di politica ed economia.
C’è il discorso di Marchionne, tanto per iniziare. Che propone un linguaggio semplificato, banalizzato, pieno di luoghi comuni.  Nel suo discorso gli operai italiani sono degli sfaticati e i sindacati che si oppongono inutili ingombri sulla strada della massima produttività.  Marchionne propone slogan da bar invece che analisi, offrendo titoli ai giornali, alimentando lo scontro ideologico al posto del confronto,  parlando alla pancia e non alla ragione degli italiani.
C’è il dogma, che sostituisce il dialogo. Perché il nuovo metodo di gestioni delle relazioni industriali della Fiat non prevede confronto. Il soggetto imprenditoriale detta le sue condizioni e rappresentanze e lavoratori devono accettare. I piani imprenditoriali sono immodificabili, impermeabili alle critiche e alle contro proposte. Chi dissente sta fuori, perde i diritti o perde il lavoro. Lo stesso metodo referendario, ricattatorio, non prevede alcuna alternativa perché segue la regola del “dentro” o “fuori”. E’ il linguaggio universale dell’autoritarismo, della comunicazione verticistica, dell’intolleranza.
C’è il linguaggio globale, ma manca la lingua dell’Europa. Marchionne ha come riferimento imprenditoriale le multinazionali  e i loro principi di delocalizzazione e sfruttamento ma trascura il vocabolario dell’Unione Europea. “L’economia della conoscenza”, pilastro dello sviluppo europeo, è sostituita dall’Ad Fiat con il risparmio sulla forza lavoro e ricerca, innovazione e sviluppo non rientrano tra le priorità del suo piano industriale.       
C’è il silenzio, affermativo, del Governo. Di fronte all’autoritarismo reazionario di Marchionne i politici di destra in parte tacciono, in buona parte applaudono. PDL e Lega, anche quando non dicono nulla, sostengono Marchionne. Perché restare inerti in uno scontro impari equivale ad agevolare il più forte. Che in questo caso è Fiat, con la sua minaccia di trasferire altrove i capitali e soprattutto il lavoro. Berlusconi e il canadese parlano la stessa lingua del Potere, insofferente al dissenso, indisponibile alla mediazione e alla limitazione del proprio dominio. Bossi fischietta distrattamente, permettendo la “cinesizzazione” degli operai del Nord che l’hanno largamente votato.
C’è il brusio della sinistra. Che riconosce l’esistenza di un problema ed è già qualcosa, considerando quanti, anche tra i sindacati, ficcano la testa sotto la sabbia e descrivono come “inevitabili” le decisioni di Marchionne,  che invece sono scelte ideologiche. Una sinistra in cui si manifestano diversità- come è normale di fronte a problemi complessi – che non devono spaventare ma che occorre portare presto a sintesi. Una sinistra che non deve confondere il riformismo con la contro-riforma, perché il progetto Marchionne non è avanzamento ma arretramento, non nuova civiltà ma rinnovata barbarie. Una sinistra che dovrebbe progettare un rilancio industriale per l’Italia imperniato sulla ricerca, sulla riforma della P.A. e sulla partecipazione dei lavoratori alle imprese.
C’è il valore del dialogo, che è, sin dal mondo greco, la sostanza della democrazia. Dialogo che non è consociativismo, corporativismo e neppure contrapposizione violenta. Dialogo come riconoscimento del carattere intersoggettivo della verità, che si realizza attraverso la condivisione e la mediazione. Dialogo che permette alle società di esistere e di “tenersi” senza frantumarsi in atomi o corpi separati vaganti per lo spazio vuoto e confliggenti. Dialogo che non può essere sostituito o negato, perché oltre la sua soglia non resta che la violenza. 

Per sostenere questo diritto minacciato penso sia giusto sostenere lo sciopero generale indetto dalla Fiom per il 28 Gennaio. Penso anche sia giusto votare “No” al referendum Fiat, perché il dialogo è il diritto indisponibile per eccellenza.

Marchionne dice che la Fiat se ne andrà da Mirafiori, se non passeranno i si. Mi piacerebbe vedere raccolta questa sfida, collettivamente. Proporrei un azionariato popolare, tra i lavoratori e i cittadini, per comprarsi Mirafiori. Che d'altra parte è già un bene nazionale, visto che è costruita con i risparmi e le fatiche degli italiani. E vorrei chiamare ad amministrare l'azienda operai e manager assieme, democraticamente. Condividendo i fallimenti, ma anche i successi. Anche per mostrare a Marchionne che la Fiat può tranquillamente fare a meno di lui, mentra la Fiat non può fare a meno degli italiani.   

4 commenti:

  1. A me sembra evidente che si tratti di una situazione ignobile e incredibile. La posizione giusta sarebbe votare NO, ma molti voteranno SI pur non condividendo una sola riga di quello che stanno suggellando. Ma non c'è niente da stupirsi: si tratta di un ricatto. Una monetina che fa vincere sempre lo stesso.
    Marchionne da quando è arrivato non ho ancora capito quante macchine ha lanciato con successo. Credo nessuna. Eppure in primis è questo il suo compito. Se fossi un operaio di Mirafiori che vota SI, un attimo dopo di aver smesso di preoccuparmi per la paventata delocalizzazione, comincerei a preoccuparmi di lavorare in un'azienda che fa macchine del cazzo che non piacciono più a nessuno.

    RispondiElimina
  2. Ritengo la situazione di una gravità estrema, non ci si rende conto (o meglio, alcuni se ne rendono conto e la cosa li soddisfa) che il contratto imposto da Marchionne potrebbe creare un precedente in questo Paese di approfittatori e "im-prenditori" a cui seguirebbe una clonazione sistematica in tutti gli altri settori.

    La tua ditta è in crisi? Non vuoi investire in ricerca, sviluppo, giovani e idee innovative? Cambia il contratto ai tuoi dipendenti, negagli i diritti principali e risparmi il 10% sui ricavi annui!

    Sarà questo il prossimo spot sulle TV italiane?

    Sulla politica non voglio pronunciarmi, è indegno che tranne rare eccezioni non ci sia una mobilitazione nazionale a difesa dei diritti dei lavoratori, e lo è altrettanto non vedere che "l'imprenditorialità" di Marchionne è rivolta unicamente alla speculazione finanziaria e non alla produttività..sà benissimo che il mercato dell'auto ormai è morto e invece di fare come la Germania, dove le sue imprese migliori hanno investito nello sviluppo e in altri settori come i motori a coogenerazione per le case, si butta nella bolla della speculazione finanziaria.

    Se non ci sarà una svolta nell'amministrazione la FIAT è destinata a fallire e con essa anche i lavoratori che voteranno sì...quindi sarebbe meglio tutelare i propri diritti e votare no e da qui partire per una riforma del lavoro che restituisca gli stessi diritti a tutti i lavoratori precari d'Italia, ai giovani con contratti a progetto, non tutelati, sfruttati, licenziati e assunti come fossero bambole di pezza e con progetti per il futuro a brevissimo termine: l'oggi.

    RispondiElimina
  3. Personalmente ritengo il referendum un'opportunità e non un ricatto, e lo dimostra il fatto che Cisl, Uil, Fismic e Ugl hanno CONCORDATO (e non passivamente accettato) gli accordi. In questo modo una parte del sindacato -peraltro maggioritaria in casa Mirafiori- ha dimostrato di possedere una vena riformista e non più conservatrice, cosa che non si può dire di Cgil e Fiom.
    Mi chiedo: è sbagliata la clausola su malattia e assenteismo (in caso di ripetute assenze nei periodi pre e post festività)? Ritengo di no, anzi lo trovo giusto nei confronti di coloro che si sono sempre dimostrati corretti sul lavoro (posto che vi sarà una commissione paritetica per la vigilanza). Così come la sperimentazione sui nuovi turni e la possibilità di incremento salariale.
    Certo le parole di Marchionne sull' "andiamo da un'altra parte" non sono condivisibili assolutamente, e non aiutano il dialogo, eppure io insisto sul fatto che per anni alcuni sindacati - Fiom in testa- abbiano avuto un comportamento meramente conservatore e deleterio per i lavoratori stessi. Ho sentito ieri mattina un'intervista al direttore di Micromega, il quale contestava fortemente il referendum Alla domanda "Lei cosa farebbe di alternativo?", la risposta di F.D'Arcais è stata un'imbarazzata (e imbarazzante) "Incentivi dallo Stato". Ma davvero pensiamo che la principale industria italiana possa continuare su questa strada?
    Guardando i volti e ascoltando le parole degli operai intervistati (su La 7, eh! Niente berlusconismi) ho visto persone spaventate, persone rassegnate ma anche alcuni operai convinti che il referendum debba passare (e TUTTI loro meritano pari rispetto perchè alla fine sono loro a indossare la tuta blu). E -ripeto- il referendum deriva da una lunga e travagliata contrattazione con i sindacati che in Mirafiori hanno la maggioranza.
    Ecco il punto cruciale che mi tiene distante dalle posizioni - assolutamente rispettabili e meglio esposte delle mie- di Marco. Io vedo la possibilità di un dialogo, anzi, io vedo IL dialogo. E vedo la possibilità di una presenza dei sindacati assolutamente propositiva e responsabile verso le generazioni future. E onestamente mi piacerebbe anche sentire in tv le posizioni di questi "altri" sindacati che sono appunto la maggioranza . Le polemiche e il confronto sono inevitabili, ma devono essere costruttive e concrete. Dire che "Marchionne offende l'Italia ogni giorno" non serve a nulla, se non a fare una gara un po' triste della Cgil che rincorre la Fiom in una sorta di "celodurismo" di leghista memoria.
    La contrattazione nazionale non è più in grado di fornire le risposte ideali e comuni per tutte le aziende, che si sono ormai diversificate per prodotti, processi produttivi, domanda ecc. (sto citando Oscar Giannino). Il confronto va fatto impresa per impresa, realtà per realtà, in modo da evitare una riduzione non solo della produzione, ma anche dei salari.
    Spero di non essere stato prolisso (forse sì), ma l'invito di Marco a intervenire sul suo blog mi ha invogliato a scrivere.
    PS: sull'intervento del Presidente del Consiglio stendo un velo pietoso (e pure Vendola non è che abbia fatto una gran figura volendo imitare Berlinguer : l'anacronismo era evidente).

    RispondiElimina
  4. Credo che in questa vicenda Marchionne, la dirigenza Fiat e i sindacati cosiddetti "responsabili" si siano mossi in maniera "ideologica" almeno quanto viene rimproverato alla Fiom. D'altra parte, quest'ultima avrebbe potuto questa comportarsi diversamente nella vertenza Mirafiori? Avrebbe potuto accodarsi agli altri sindacati nel sostenere il "sì" a un accordo simile? Mi pare evidente di no; al massimo potrebbe assumere adesso, dopo il referendum, un atteggiamento meno oltranzista con la cosiddetta "firma tecnica". E ritengo, anche sulla base delle modalità con cui è stato imposto e dell'atteggiamento assunto da Marchionne nell'ultima settimana, che il piano sia stato scritto avendo come obiettivo la spaccatura sindacale almeno quanto i presunti - e tutti da verificare - incrementi di produttività derivanti da taglio delle pause, meccanismi "paritetici" (solo sulla carta) per ridurre l'assenteismo,...
    Ho l'impressione che sia questo l'esito principale di tutta la vicenda: la spaccatura delle rappresentanze dei lavoratori, l'emarginazione di determinate posizioni (rendendo sempre più facili derive violente), l'inasprimento generale del clima del paese, per giustificare reazioni "muscolari". Temo che i ragionamenti economici c'entrino ben poco. Non ho la competenza di Marchionne (altrimenti forse guadagnerei da solo quanto tutti i lavoratori di Mirafiori...), ma il progetto di assemblare Jeep a Torino per poi rivenderle sul mercato americano, facendo attraversare due volte l'Oceano ai componenti prodotti negli USA e non potendo contare su standard retributivi cinesi (o brasiliani), forse potrebbe non dare risultati dirompenti in termini di redditività - oltre ad arrecare assai scarsi benefici in termini di indotto, mantenimento del know-how locale,... Del resto c'è ancora un anno di tempo per decidere che "non ci sono più le condizioni" per mantenere gli impegni presi...a cosa saremmo di fronte allora?

    RispondiElimina